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Finanza&mercati

“2008, anno del vino”. Le aziende del settore credono nella ripresa ... Secondo uno studio Veronafiere-Winenews il 90% delle imprese prevede una crescita del fatturato tra il 5 e il 15 % grazie all’export... Il 90% delle aziende vitivinicole italiane si aspetta una crescita del fatturato nel 2008 tra il 5% e il 15 percento. Solo il 10% prevede un giro d’affari invariato rispetto al 2007. È il risultato di un sondaggio realizzato dal sito specializzato winenews.it in collaborazione con Veronafiere, su 50 tra le più importanti società del settore. Secondo il sondaggio la metà delle aziende vitivinicole prevede “a pelle” un 2008 positivo, il 45% si aspetta un anno “abbastanza positivo”, mentre solo il 5 si prepara a 12 mesi difficili.
A spingere i viticoltori all’ottimismo è soprattutto l’export, che nel 2007 è stato in crescita per tutte le aziende sentite.
Per il 90% delle aziende sentite anche il 2008 sarà un anno positivo per l’export del vino, con percentuali di crescita oscillanti dal 10 al 15 per cento, soprattutto grazie ai vini che occupano la fascia di prezzo tra i 5 e i 7 euro, indicati dal 50% del campione come i prodotti più venduti. I vini tra gli 8 e i 15 euro sono previsti in crescita dal 30% delle aziende sondate; mentre il 12% si aspetta un aumento delle vendite di quelli tra i 20 e i 30 euro. Solo il 5% delle aziende indica, invece, una crescita nella vendita dei vini tra i 2 e i 4 euro e il 3% di quelli che costano tra i 15 e i 20 euro.
Tra i paesi da cui ci si aspetta le migliori performance, al primo posto ci sono gli Stati Uniti (indicati dal 40% delle aziende), al secondo Germania e Russia (20%), al terzo il Giappone (17%), al quarto la Gran Bretagna (15%), al quinto il Canada (5%) e al sesto Cina e Corea (3%). Tra i mercati invece che non promettono bene, il 32% indica la Germania, seguita dalla Gran Bretagna (30%) e dalla Cina (15%). Tra gli elementi che eventualmente potrebbero mettere in difficoltà il mercato ci sono la scarsità della vendemmia 2007 e la possibile evoluzione del mercato Usa, dove gli importatori potrebbero avere un atteggiamento più prudente negli acquisti, anche a causa della debolezza del dollaro.

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