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Finanza&mercati

Dal Prosecco al Soave nell’export il Veneto fa la parte del leone ... I “padroni di casa” dominano all’estero: il 28% delle bottiglie che escono dai confini nazionali sono della regione. Preoccupa il deprezzamento... Valgono circa 992 milioni e mezzo di euro le esportazioni 2009 di vini e mosti degli operatori del Veneto, un dato che rappresenta il 28,6% dell’intero export enologico nazionale che lo scorso anno è stato valutato in 3.469.519.000 di euro. Quello del Veneto è un risultato ormai consolidato, che l’anno passato ha risentito della crisi come tutto il settore italiano: il valore delle esportazioni è calato sia a livello regionale sia a livello nazionale, cosa che peraltro significa che nel 2008 il valore esportato dal Veneto ammontava a quasi un miliardo e 51 milioni di euro. In quantità, l’export veneto (gli ultimi dati disponibili sono del 2008), parla di oltre 5 milioni di ettolitri di vini e mosti che hanno avuto come destinazione i mercati stranieri, pari al 26,6% del totale nazionale, dunque con un buon rapporto tra quantità e valore, su una produzione regionale che si aggira sugli 8 milioni di ettolitri. Le cifre dicono che il Veneto enologico, quello di vini come Prosecco, Amarone, Soave, Bardolino, Raboso, Tai, Durello, per citarne solo alcuni, esporta una quantità di vini e mosti che sfiora il 62% della sua produzione totale. Preoccupa per il deprezzamento delle bottiglie esportate: secondo Assoenologi, la quantità di vino italiano esportato è cresciuto del 6,2% nel 2009, ma questo è avvenuto grazie al sacrificio dei produttori che, per restare bene sul mercato, hanno ridotto drasticamente i loro margini di guadagno: in termini di valore, infatti, l’export di vino italiano risulta ridotto del 6,1 per cento. “È un deprezzamento drammatico, che sta mettendo a dura prova l’economia del comparto erodendo la sostenibilità finanziaria delle imprese”, ha spiegato nella giornata inaugurale del Vinitaly Giuseppe Martelli, direttore dell’AssoEnologi. E tuttavia, commenta Martelli, è un sacrificio che consente ai nostri prodotti di ampliare la propria fetta di mercato, in controtendenza con la generale contrazione dei consumi imposta dalla crisi, una contrazione che, inevitabilinente, si fa sentire più pesantemeute sui prodotti voluttuari.

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