Nonostante piattaforme come il Liv-Ex vedano tutti gli indici in netto calo da mesi, e la cantine di ogni angolo del mondo raccontino delle difficoltà diffuse sui mercati, rispetto al recente passato, e in tutti i segmenti di valore, per il 2025 che si sta avvicinando il sentiment è nettamente positivo, soprattutto per i fine wines. Con il Piemonte dei grandi Barolo e Barbaresco che è la Regione con il maggior potenziale per il prossimo futuro, davanti a Champagne, Borgogna, Toscana e California. A dirlo il “Golden Vines Report” 2024 (già conosciuto come “The Gérard Basset Global Fine Wine Report”) di “Liquid Icons”, che ha sondato le opinioni di centinaia di wine merchants, distributori, produttori, giornalisti, collezionisti, rappresentati dell’hôtellerie e della ristorazione, responsabili di case d’asta e non solo, da 106 Paesi del mondo, che hanno anche decretato i “Golden Wine Awards” 2024, proclamati nei giorni scorsi a Madrid (premiati con un trofeo-gioiello nato dalla partnership tra il leader mondiale del sughero, Amorim Cork, l’argentiere londinese Grant Macdonald, l’artista spagnola Nuria Moria e quella londinese Shantel Martin, ndr), scegliendo una leggenda del vino di Spagna come Vega Sicilia come “World’s Best Fine Wine Producer Award” (in top 10, nell’ordine, Krug, Domaine Armand Rousseau, Domaine Leroy, Egon Müller, Château Latour, Gaja, Giacomo Conterno, Tenuta San Guido e Château d’Yquem), e poi ancora il mito Domaine de la Romanée-Conti come “Best fine Wine Producer Europe” (che ha superato nella top 10 di categoria, nell’ordine, Vega Sicilia, Domaine Armand Rousseau, Krug, Gaja, Tenuta San Guido, Szepsy, Giacomo Conterno, R. López de Heredia ed Egon Müller), Harlan Estate, gioiello enoico di California, come “Best Fine Wine Producer in the Americas”, ed Henschke, in Australia, come “Best Fine Wine Producer in the Rest of the World”, mentre The Sadie Family Wines, dal Sudafrica, è la “World’s Best Rising Star” (in top 10 anche la piemontese Roagna), e con l’“Innovation Award” che va ad un mito del vino di Spagna come Familia Torres, davanti di un soffio ai “Vine Master Pruners” italiani, Simonit & Sirch. E con il “Sustainability Award andato a Felton Road, in Nuova Zelanda” (in top 5 anche Ornellaia), e lo “Hall of Fame Award” assegnato al Master of Wine britannico Jasper Morris (tra le prime cinque nomination anche il produttore piemontese Elio Altare).
Ebbene, tornando al report per il 64% degli oltre 1.200 rispondenti al sondaggio sul mercato dei fine wines, il sentiment per il 2025 è positivo, mentre solo il 22% ha un sentiment negativo, ed il 14% pensa che le cose resteranno sulla stessa linea 2024. Tra i trend più interessanti per il 2025, il 20% indica la crescita della domanda di vini pregiati in tutto il mondo, che sarà spinta da un ritorno a fare scorta di ristoranti ed enoteche, dalla tendenza generale a bere meno, ma guardando a vini più pregiati, anche tra le mura domestiche. “In particolare, i professionisti dell’industria del vino prevedono un maggiore interesse per i vini pregiati italiani, sostenuto da un mercato della Borgogna “surriscaldato”, con gli operatori del mercato che percepiscono il Barolo e il Barbaresco di fascia alta come “la nuova Borgogna” quando si tratta di vini pregiati di alto livello”. Ma a crescere, secondo un altro 20%, sarà anche la conoscenza dei vini pregiati del mondo, a livello globale, accompagnata da un crescente interesse per una vita sana associata al benessere psicologico, che si sposa con il degustare solo qualche calice di vino, ma di grande livello. Senza tenere conto della crescita di sommelier qualificati, wine educator, consulenti e più in generale della curiosità crescente per la formazione della conoscenza sul vino, in tutto il mondo.
Nondimeno, secondo un 16%, si dovrà comunque tenere conto di un contesto geopolitico e macroeconomico sfavorevole, che poterà ad un aumento del divario di reddito, risparmio e consumo a livello mondiale. Ancora, il 16% degli operatori segnala un “interesse senza precedenti per i vini pregiati creati da una nuova generazione di produttori”, che guardano ad artigianalità, single vineyards, vitigni autoctoni, vini più freschi e meno alcolici, biologici, naturali, orange e in generale prodotti con pratiche sostenibili e con grande trasparenza sui processi. Magari accompagnati ad un importante “story telling”, che piace soprattutto ai Millennials. Ma c’è anche un 11% che punta i riflettori sulla crescita dei vini no e low alcol.
Un altro aspetto che fa ben sperare per il futuro dei fine wines, secondo il 10% dei rispondenti, sta nella crescita della passione per il vino tra i ricchi e gli ultra ricchi del mondo, anche come investimento, e anche nelle economie emergenti, mentre effetti positivi, per il 5%, sono attesi anche grazie alla crescita delle pratiche di vendita diretta, digitalizzazione e così via. C’è anche chi segnala, come trend a cui guardare, il fenomeno del “Merger & Acquisitions”.
Guardando ai territori dal maggior potenziale di crescita per il 2025, la regione più indicata, dal 20% dei rispondenti, è il Piemonte, ancor più della Champagne (la più gettonata degli ultimi 3 anni), seconda con il 17% delle risposte, e della Borgogna (14%), ma si posizionano bene anche la Toscana (12%), la California (9%), l’Australia (8%) e Bordeaux (7%), con il restante 13% diviso tra altre zone del mondo. Tra le regioni che rischiano di perdere di più, invece, soprattutto in termini di prezzi dei vini, in testa c’è Bordeaux, con il 27% delle risposte (che arrivano dopo un campagna “en primeur” che ha visto ribassi dei prezzi fino al -40% sul 2023, anche da parte di nomi top, ndr), davanti alla Borgogna (19%), alla California (15%) e all’Australia (15%). Pochi quelli che prevedono un ribasso delle quotazioni per Champagne (9%), Toscana (7%) e Piemonte (5%).
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