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LO SCENARIO

Fine wines, nel 2026 gli “addetti ai lavori” si aspettano una ripresa, con il Piemonte sugli scudi

Gli atout del “Golden Vines Report” 2025” by Liquid Icons. Premiumisation, salutismo, sostenibilità e climate change le parole chiave per il settore
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Fine wines, nel 2026 gli “addetti ai lavori” si aspettano una ripresa, Piemonte sugli scud

Al netto di un 15% di addetti ai lavori che non si sbilancia, in un quadro complesso e dove fare previsioni attendibili è impossibile, ci sono più persone (46%) che guardano al 2026 con un relativo ottimismo per le performance dei fine wines, di quelle (39%) che fanno previsioni negative, alla luce del continuo scenario di instabilità geopolitica e macroeconomica. A dirlo il “Golden Vines Report” 2025 by Liquid Icons, che ha sondato le opinioni di oltre 830 professionisti del settore da oltre 110 Paesi del mondo. Secondo i quali, guardando ai territori o alle regioni del mondo del vino con il maggior potenziale di crescita per il 2026, il Piemonte è al primo posto in assoluto, con il 20% delle risposte, davanti a Champagne (17%) e Borgogna (14%), con la Toscana appena ai piedi del podio (12%), e, poi, a seguire l’Australia (9%), la California (8%) e Bordeaux (6%), mentre il 14% indica altre regioni vinicole del mondo. A domanda inversa, invece, ovvero quali sono le regioni con il potenziale di ribasso maggiore, spicca il 29% delle risposte che convergono, ancora una volta, su Bordeaux, davanti a Borgogna e California (19% a testa), Champagne (12%) e Australia (10%), mentre pochissimi indicano Toscana (5%) e Piemonte (3%), a conferma di una sostanziale e complessiva fiducia nel potenziale delle due regioni-simbolo del vino italiano di qualità nel mondo.
Un segmento sul quale si confermano, in generale, trend storici, come la riduzione dei consumi in volume a favore di una maggiore qualità, con il concetto di “premiumisation” che è tra i più citati, così come si conferma la crescita del salutismo che spinge anche quella dei vini a basso contenuto di alcol o dealcolati. Ma cresce la richiesta, anche nel mondo dei fine wines, per una maggiore sostenibilità, in generale, una maggiore trasparenza, e un impegno più attivo delle cantine nella lotta al cambiamento climatico. Ovviamente, come già visto nelle ultime campagne “en primeur” di Bordeaux, molti si aspettano un ulteriore assestamento dei prezzi verso il basso, anche in relazione al tanto prodotto ancora da collocare sul mercato, così come una crescita ulteriore del canale on line e direct-to-consumer. E se il cambiamento climatico resta uno dei “topic” principali nell’agenda del settore, ovviamente i dazi Usa, le crisi geopolitiche e l’incertezza economica a livello globale sono le preoccupazioni più contingenti. A livello di enoturismo poi, altro canale sempre più importante, si conferma la necessità di proporre agli appassionati esperienze sempre più personalizzate ed immersive, ma anche autentiche e al passo con gli strumenti, i linguaggi e gli approcci delle generazioni più giovani.
Ma, dal report, emergono anche i “giudizi” delle “Academy” sulle migliori cantine e sui migliori wine writer, con una lista “estesa” rispetto ai premi 2025 già annunciati (qui). E così, guardando al “Best Fine Wine Producer in Europe Award”, per esempio, dietro al vincitore assoluto, Weingut Egon Müller, tra i primi 10 figurano altri nomi antologici del vino mondiale ed italiano, come, nell’ordine, Vega Sicilia, Gaja, Domaine Armand Rousseau, Domaine Leroy, Krug, Domaine Leflaive, Château Latour, Giacomo Conterno e Château Rayas. Nomi che, in buona parte, si ritrovano anche nella classifica dei “World’s Best Fine Wine Producer Award”, con al n. 1 Vega Sicilia, davanti a Krug, Domaine Leroy, Domaine Armand Rousseau, Château Latour, Tenuta San Guido, Gaja, Weingut Egon Müller, Giacomo Conterno e Château Margaux. Un tocco di Italia c’è anche tra i “World’s Best Rising Star Award”, dove al vertice c’è la realtà sudafricana Mullineux & Leeu, seguita da Comando G, Berry Bros. & Rudd (The Sadie Family), 4 Pierre Girardin, Gusbourne, Giulia Negri (Serradenari), Alheit Vineyards, Theo Dancer, Domaine Arnoux-Lachaux e RoagnaEd a rappresentare l’Italia c’è anche il wine writer Ian d’Agata, celebre critico internazionale e tra i più profondi conoscitori del vino italiano, che compare al n. 5 tra gli “Hall of Fame Award”, insieme a nomi del calibro Jean Trimbach, tra i più celebri produttori di Alsazia, al n. 1, seguito, da Veronique Drouhin, alla guida della storica cantina di Borgogna Joseph Drouhin, ed ancora, da Jean-Claude Berrouet, celeberrimo enologo francese per tanti anni firma, tra gli altri, di un mostro di Bordeaux come Pétrus, e da Ann Colgin, tra le più celebri produttrici di California, con Colgin.

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