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VINO & DIGITALE

Finito il lockdown, l’e-commerce del vino guarda al futuro, tra investimenti e crescita

Tannico passa a Campari, un punto di svolta ma anche una case history: a WineNews l’analisi di Lorenzo Tersi e del professore Davide Gaeta

L’Italia del vino, nell’e-commerce, sconta un ritardo importante rispetto al resto del mondo, come in ogni settore del digitale. Negli anni, però, il gap si è ridotto, e anche il Belpaese ha imparato a conoscere, e veder crescere in maniera esponenziale, le piattaforme della vendita online. Come Tannico, Vino75, Xtrawine, Bernabei, Callmewine, che, come ricordano i dati analizzati da “I Numeri del Vino”, tra il 2014 ed il 2018 hanno mostrato importanti tassi di crescita (in media del 45% nel 2018 sul 2017), vedendo crescere i propri fatturati in maniera esponenziale. Vino75 è passato dai 151.000 euro del 2014 ai 5,28 milioni di euro del 2018, Tannico da 2,47 a 14,71 milioni di euro, Xtrawine da 2,48 a 7,71 milioni di euro e Bernabei online dai 18.000 euro del 2015 ai 6,6 milioni di euro del 2018. Fatturati, però, non ancora supportati da gross margin sufficienti (attorno al 23%) a garantire utili: ad eccezione di Xtrawine, i conti, bilanci 2018 alla mano, erano in rosso per tutti i maggiori player dell’online, che, però, hanno investito anche molto in magazzino e crescita, aspettando di rientrare negli anni successivi.
La svolta, con un sotto testo drammatico, quello dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19, è arrivata in questi mesi, quando il lockdown ha spinto tantissimi italiani, molti dei quali per la prima volta, a rivolgersi proprio all’online per i propri acquisti di vino, specie per il segmento legato ai consumi ho.re.ca., e poco rappresentato in Gdo. Così, nelle settimane di emergenza, la crescita è stata esponenziale: come hanno raccontato a WineNews i protagonisti dell’e-commerce enoico, Tannico ha fatto segnare un +100% delle vendite, mentre Wineowine ha registrato un +700% di acquisti di grandi vini di piccole cantine sullo stesso periodo del 2019, mentre Vino75 è passato da 1.700 a 10.000 bottiglie vendute al giorno, per un volume di affari triplicato. Numeri che hanno portato alla ribalta un canale fino ad ora marginale, per cui passavano il 2% in media delle vendite delle cantine italiane, su cui ha deciso di puntare forte il colosso del beverage Campari Group, che pochi giorni fa (come abbiamo raccontato) ha acquisito il 49% di Tannico, dopo l’accordo siglato con tutti gli azionisti - inclusi i principali (il Ceo Marco Magnocavallo, P101 SGR e Boox srl) per una somma di 23,4 milioni di euro.
Un punto di svolta per tutto il comparto, o un caso isolato? È da qui che prende vita l’analisi, a WineNews, di due dei massimi esperti di economia del vino, Lorenzo Tersi, alla guida di LT Wine & Food Advisory, e del professore Davide Gaeta dell’Università di Verona (ed anche vignaiolo in Valpolicella con la cantina Eleva).
“Gli highlights del mondo digital li conosciamo - ricorda Tersi - siamo in ritardo impressionante sul digitale, compreso il commercio online. Per il vino, tutte le piattaforme, con l’eccezione di Xtrawine, hanno chiuso i bilanci degli ultimi anni in negativo. In questo contesto, Tannico fa storia a sé: ha tra i suoi azionisti P101, società che ha in portafoglio una serie di start up, e che ha adottato il caso Tannico come una qualsiasi altra start up. Ci ha investito con risorse fresche, pensando già ad una strategia di uscita, entrando in contatto con il mondo degli spirits, e quindi con Campari”, spiega Lorenzo Tersi. Che, tra i costi sostenuti da Tannico, ricorda quelli per la “logistica, che costa moltissimo, ha speso per crescere ma anche per comunicare, e alla fine sono stati bravi a trovare il momento ideale in cui Campari sta riposizionando la propria mappa, dopo l’uscita dalla proprietà di cantine e vigneti, puntando sulla filiera dell’online. Tannico è un volano, ha una piattaforma, autorità e numeri importanti. Che cosa ne farà il Gruppo Campari? Renderà globale Tannico, potrebbe avere sedi e quindi logistica in tutto il mondo, dove è già presente. Avrà una scalabilità di progetto che altrimenti non avrebbe mai potuto avere, crescendo ovviamente anche in Italia. Sopratutto, potrà essere una nuova linea di distribuzione per il Gruppo Campari, facendo incontrare vino e spiriti. Questo vuol dire che Tannico sarà presto al 100% di Campari, per la soddisfazione di tutti”.
Ma l’investimento risponde anche ad un altro aspetto strategico, continua Tersi: “la stessa Campari si sta riposizionando nel vino, come dimostra l’acquisizione della maison dello Champagne Lallier. Così, diventa un’opportunità per i produttori di vino italiano, che si troveranno a poter moltiplicare per cinque, almeno, le possibilità di vendita, partendo probabilmente dalla Gran Bretagna. Si accorcerà, però, il portafoglio prodotti, a cui andrà innestato il portafoglio Campari, che punterà forte sui consumatori più giovani. Adesso, i produttori dovranno interrogarsi su quale partner scegliere per la distribuzione online, perché di fatto, su 47.000 imprese, molte si sono affacciate sul mondo dell’e-commerce senza grandi strategie, “alla viva il parroco”.
Bisogna allineare il posizionamento di prezzo tra piattaforme e tra e-shop aziendali, perché adesso ci sarà la possibilità di digitalizzarsi e crescere, e bisogna farlo bene. Campari - conclude il ceo di LT Wine & Food Advisory - è azienda seria e solida, ma ci sono tante aziende in Italia che vendono griffe degli spirits e del vino, non è un assetto così inconsueto. Il know how di Tannico non cambierà, sarà solo il portafoglio a cambiare, il produttore si deve preoccupare del suo rapporto con Tannico, ma sapendo che le prospettive sono decisamente positive”.
Secondo il professor Davide Gaeta, bisogna “distinguerei il caso Tannico dal contesto dell’e-commerce: complimenti a loro, perché è un’ottima acquisizione, ma non è comunque un caso rappresentativo del comparto, sarebbe un’estensione intellettuale eccessiva. I casi di acquisizione spesso nascono e muoiono seguendo una loro logica, che sfugge all’osservatore esterno. Ci sono mille ragioni per cui un gruppo decide di investire, che non conosciamo e che sarebbe poco corretto attribuire al valore dell’acquisizione. Rallegra il settore del vino che, in pochi anni, dalla nascita ad oggi, si è riusciti a creare valore: è il sogno di ogni vignaiolo, vuol dire che nel vino si può fare, anche se cominciavamo a pensare che fosse una chimera”.
Sul peso dell’e-commerce, invece, “è difficile parlare di trend - riprende Gaeta - basandoci sui dati dei due mesi di lockdown. Il consumatore, da tanti punti di vista, ha comunque fatto un “salto geologico” in questo periodo: in un mese o due abbiamo scoperto che spendevamo inutilmente tanti soldi di Telepass e benzina, e milioni di euro in affitti di uffici, quando lo smart working ci consente di lavorare ugualmente da casa. In quest’ottica, abbiamo scoperto che si può comprare - in una dinamica che gli economisti definiscono “amazonizzazione” - con un click. Ma quanto vale, in fatturato, l’e-commerce del vino? Forse il 3%, non poco, ma non siamo ancora pronti a compiere il salto successivo, come italiani e come europei: in California, ad esempio, sono abituati all’e-commerce, alcune aziende riescono a fare l’80% del fatturato online. Una tendenza strutturale sarebbe stata tale se l’e-commerce avesse sostituito la rete vendita, ma non è stato così. Anche se il vero tema, forse, non è tanto nei fatturati dell’e-commerce, quanto nei big data, che per chi vende sono fondamentali”, chiosa il professore di Economia Aziendale.

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