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VINO & CULTURA

Firenze come Parigi, Londra e Venezia, grazie anche all’“urban vineyard” a Piazzale Michelangelo

“Vigna Michelangelo” custodita da Donne Fittipaldi compie un anno. La prima vinificazione nel 2027, con una stima di 700 bottiglie per la prima annata

Firenze come Parigi, Londra e Venezia, non solo per bellezza e la ricchezza del suo patrimonio culturale, ma grazie anche all’“urban vineyard” a Piazzale Michelangelo: compie un anno di vita la “Vigna Michelangelo” con vista sulla “culla del Rinascimento”, una vera e propria collezione dei vitigni storici della Toscana, 700 barbatelle tra Sangiovese, Pungitello, Fogliatonda e Canaiolo, iantate dalle Donne Fittipaldi, proprietarie della storica azienda di Bolgheri. Un vigneto di città che fa parte dell’Urban Vineyards Association, presieduta dall’italiano Nicola Purrello, custode del vigneto urbano di Catania ai piedi dell’Etna, e che abbraccia 10 Paesi in 4 continenti, per un totale di 21 vigneti urbani, oltre alle città citate, da Torino a Vienna, da Salonicco a Palermo, da Milano a Melbourne, da Lisbona a Lione, da Los Angeles a Bergamo, da Brasilia a Barcellona ed Avignone. E dove, ogni pianta di vite che campeggia sulla dolce collina che domina la città, porta anche una targhetta dedicata a giornalisti del vino, come i fondatori WineNews Alessandro Regoli ed Irene Chiari, e non solo. Tutte insieme, rappresentano un progetto vitivinicolo che coniuga tutela del paesaggio, sostenibilità urbana e valorizzazione delle varietà autoctone toscane, che è la vera “mission” della Vigna Michelangelo.
L’iniziativa è guidata dall’azienda di Bolgheri Donne Fittipaldi, fondata e presieduta da Maria Fittipaldi Menarini, che insieme alle figlie Carlotta, Giulia, Serena e Valentina ha deciso di riqualificare il terreno di famiglia con un progetto viticolo a forte valenza simbolica e ambientale. “Questa vigna rappresenta le nostre radici, la storia della nostra casa e della nostra infanzia - spiega Maria Fittipaldi Menarini - ma è anche un segnale concreto verso un’agricoltura urbana di qualità e consapevole”.
Avviato nel 2021 e presentato al pubblico nel 2022, il progetto prevede la realizzazione di un vigneto ad alberello - forma di allevamento tra le più antiche e qualitative - su terreno collinare esposto a Nord-Est. Un impianto a densità controllata, con disposizione “a quinconce” (scacchiera a cinque punti), pensato per ottimizzare l’occupazione del suolo e favorire il drenaggio su pendenze rilevanti. Le varietà sono state selezionate non solo per la qualità enologica, ma anche per la loro coerenza storica e culturale con il territorio. “Abbiamo scelto varietà tradizionali, anche poco diffuse, per restituire valore alla biodiversità e alla viticoltura storica della Toscana”, spiegano i tecnici coinvolti.
Dal punto di vista agronomico, il progetto è stato seguito dall’agronomo Stefano Bartolomei, mentre la consulenza enologica è affidata ad Emiliano Falsini (già collaboratore in Toscana del gruppo Tommasi Family Estates con Podere Casisano a Montalcino). “Abbiamo realizzato un vigneto a forte integrazione paesaggistica - sottolinea Bartolomei - che mantiene intatte le caratteristiche del territorio. L’alberello consente una gestione manuale della pianta e favorisce la qualità delle uve”. Falsini anticipa l’identità del futuro vino: “sarà un prodotto che coniuga tradizione e contemporaneità, basato su freschezza, eleganza e riconoscibilità territoriale”. Le viti impiantate nel 2024 inizieranno a produrre uva adatta alla vinificazione a partire dal 2027, con una resa stimata in circa 700 bottiglie per la prima annata. L’obiettivo è destinare questa produzione a iniziative filantropiche: le bottiglie verranno vendute tramite aste internazionali, con ricavi destinati a progetti di impatto sociale.
Perché “il vino non è il fine, ma il mezzo - conclude Maria Fittipaldi Menarini - quello che vogliamo valorizzare è il rapporto tra uomo, terra e ambiente urbano. Un progetto che intende ridare valore allo spazio verde in città e promuovere un modello di sostenibilità agricola integrata”. Raccontando come ha caratterizzato da sempre il sistema vino in Toscana.

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