In Francia c’è lo Champagne, in Italia lo spumante, in Spagna il Cava. Ora a cercare un’etichetta sono anche le anonime bollicine made in Britain, la cui qualità appare in crescita - a dar retta ad alcuni assaggiatori - a dispetto d’una produzione modesta. E la risposta giusta, annuncia il quotidiano britannico “Times”, sembra averla trovata un ristoratore di origini britanniche a New York, Jason Hicks, nella sua carta dei vini al Jones Wood Foundry: British Fizz. Un’idea che ha avuto successo e potrebbe essere adottata dai produttori della United Kingdom Vineyard Association, impegnati da tempo a tentare di veder riconosciuto un loro marchio Igp.
“La questione di come chiamare il vino britannico è aperta da 50 anni e non è mai stata risolta”, ammette Sam Lindo, presidente dell’Associazione e alla guida di un’azienda vinicola molto
rinomata in Cornovaglia (la Camel Valley, ndr). Ora British Fizz potrebbe mettere d’accordo
tutti almeno per lo sparkling wine. Ma non è detto.
Lo stesso “Times” ha promosso di recente un referendum tra i wine lovers d’oltremanica in cui sono state scartate ipotetiche denominazioni quali Frisson, Britagne o l’inguardabile Shampagne (un pugno nell’occhio non solo per i francesi), mentre ha raccolto consensi l’opzione “Merret”, omaggio al medico e scienziato Christopher Merret, naturalmente britannico, che nel XVII secolo brevettò per primo la tecnica della fermentazione secondaria per dare “frizzantezza” ai vini.
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