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GLI ITALIANI A TAVOLA? UN DISASTRO HANNO LASCIATO LA DIETA MEDITERRANEA PER QUELLA AMERICANA, MANGIANO MALE, STANNO PEGGIO. IL CENTRO UNIVERSITARIO CERA ANNUNCIA CONVEGNO, PRESENTANDO DUE RICERCHE SU 1000 PERSONE

Cinque su dieci hanno valori del colesterolo alterati, quattro sono decisamente in soprappeso, uno tracima oltre la soglia dell’obesità, mezzo (5%) naviga in zona prediabetica. Ecco la contabilità dei malesseri dell’eccessivo benessere in un doppio studio sugli italiani a tavola presentato oggi alla stampa dal CeRA, il Centro Interdipartimentale di Ricerca per la Valorizzazione degli Alimenti che fa capo all’Università di Firenze e che il 6 giugno celebra il suo primo convegno (dalle ore9,30, Palazzo Incontri, Cassa Risparmio di Firenze).

Il professor Vincenzo Vecchio, che di CeRA è il direttore, ha illustrato il tema del convegno (Alimenti e ricerca dalla produzione alla tavola: qualità, tipicità e salute), insistendo sull’approccio interdisciplinare del progetto, sulla concretezza delle ricerche e sugli impegni del prossimo futuro. Il CeRA, costituito da docenti e ricercatori di ben quattro Facoltà (Agraria, Medicina, Farmacia, Lettere) e di otto dipartimenti (Scienze Agronomiche, Economia Agraria, Scienze Zootecniche, Medicina Interna, Area Critica Medico Chirurgica, Fisiopatologia Clinica, Scienze Farmaceutiche, Studi Storici e Geografici), è una task force, finanziata in parte dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, organizzata secondo criteri innovativi, con strumenti scientifici d’avanguardia e con lo scopo preciso di operare in una dimensione europea (dallo studio degli aspetti produttivi a quelli nutrizionali e dietetici), offrendosi come punto di riferimento alle stesse istituzioni (prima fra tutte la Regione Toscana), oltre che a operatori sanitari, imprese, organizzazioni produttive, associazioni dei consumatori.

Al convegno, l’endocrinologa Maria Luisa Brandi presenterà i risultati di ben tre ricerche condotte dal suo gruppo, il primo in Italia a lavorare sui problemi dello scheletro in rapporto all’alimentazione. Stefano Benedettelli tratterà di biodiversità, qualità e tipicità dei prodotti agricoli; Bianca Maria Poli di tradizione e innovazione in materia di carne e pesce; Mauro Antongiovanni di latte e derivati; Nadia Mulinacci di tipicità in rapporto alle potenzialità salutistiche degli alimenti vegetali; Mario Bertuccioli di relazione tra composizione e qualità; Caterina Dinnella di indici per stimare la prestazione degli alimenti; Ferdinando Ficari di immunonutrizione nella pratica clinica.

Sono previsti anche interventi di Vieri Bufalari, funzionario della Regione Toscana (parlerà di alimentazione e comunicazione), di rappresentanti dell’Arsia e della Camera di Commercio di Firenze, del nutrizionista Giulio Testolin (Università di Milano) sulla tipicità dei prodotti alimentari a garanzia della salute. A due noti esperti, Zeffiro Ciuffoletti e Gianluca Stefani, il compito di parlare di piatti della tradizione povera in Italia (il primo), di consumo e del versante socio economico dell’alimentazione (l’altro).

Il nutrizionista Alessandro Casini e l’internista Rosanna Abbate presenteranno invece il doppio studio sulle abitudini alimentari degli italiani e sulle conseguenze sullo stato di salute di cui oggi è stata offerta un’essenziale anticipazione. Condotta nel corso di tre anni (dal 2002 alla fine del 2004), la ricerca ha preso come campione 1000 persone, per lo più residenti a Firenze, sani, scelti a caso, analizzandone sia il comportamento a tavola che lo stato di salute.

Ed ecco i risultati:

1) Si mangia troppa carne e troppi formaggi, salumi, biscotti, dolci, olio cotto;

2) Si fa dunque uso eccessivo di grassi saturi;

3) Si mangia invece poca frutta, pochi ortaggi, fibre, legumi, latticini;

4) Mangiando pochissimo pesce si ha soprattutto un consumo di grassi polinsaturi del tutto insufficiente.

In altre parole, i fiorentini hanno voluto fare gli americani. Hanno abbandonando la semplicità e la leggerezza della dieta mediterranea, bilanciata da verdure, pasta, pesce e grassi vegetali, a favore di un regime ipercalorico e iperproteico.

Eccone quindi le conseguenze:

a) il 40% del campione è sovrappeso, con una quota di obesi del 10% circa;

b) il 48% presenta valori alterati del colesterolo totale, mentre nel 6% dei casi il colesterolo HDL (quello buono) è inferiore alla norma;

c) il 5% ha ridotta tolleranza agli zuccheri, con un 2,2% di soggetti francamente diabetici;

d) il 10% circa ha alterati i valori delle transaminasi e il 13,5% quelli della gamma GT, questi ultimi enzimi epatici che suggeriscono la presenza di fegato grasso e il possibile rischio di cirrosi.

Il gruppo del professor Casini presenterà al convegno anche una serie di dati su sedentarietà, fumo, consumo di alcolici, quello della professoressa Abbate i risultati di una terza ricerca su soggetti anziani residenti in Chianti. Il professor Antongiovanni ha invece in serbo alcune sorprese sul latte di pecora.

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