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OLEOTURISMO

Gli italiani emigrati sono innamorati (e ambasciatori) del Belpaese e dei suoi prodotti

Il “Turismo delle Radici”, nello studio del Crea, che mostra una possibile nuova strada per ampliare il mercato del nostro agroalimentare

Il turismo enogastronomico che guarda fuori dai confini nazionali spesso punta sul far conoscere prodotti di eccellenza, paesaggi, sapori e tradizioni a chi non è mai stato in Italia o comunque a chi è un “neofita” della nostra cultura. Un target che magari “lascia il segno” con recensioni, post sui social e commenti che, indirettamente, possono trasformarsi in un “passaparola” proficuo per il settore stimolando la curiosità di altri turisti pronti a vivere la stessa esperienza. Eppure, nelle tante strade percorse dal marketing, sta prendendo campo un pubblico che potenzialmente può diventare il miglior ambasciatore del made in Italy. E no, non sono stranieri ma italiani emigrati che tornano come turisti per riscoprire le proprie radici. Questi sono fortemente legati alla terra dei propri avi (71%), ne apprezzano la cucina (83%), acquistano e consumano prodotti agroalimentari italiani anche al ritorno dal viaggio (oltre il 61% li ha acquistati negli ultimi 6 mesi e oltre la metà li ha consumati anche più volte a settimana) e li promuovono presso parenti e amici una volta tornati a casa (più dell’87% del totale). Nutrendo una passione particolare per l’olio di oliva del Belpaese che per oltre il 73% è di qualità superiore e questo nonostante il mercato poco sviluppato all’estero, sia per la difficoltà a reperire il prodotto che per i prezzi elevati. Un prodotto, l’olio, con delle potenzialità ancora inesplorate dal punto di vista turistico. Sono tanti gli spunti della ricerca “Turismo delle radici e dei prodotti agroalimentari. Percorsi e strategie per valorizzare l’olivicoltura e le aree rurali”, realizzata dal Crea in collaborazione con l’Università della Calabria (dipartimento di Scienze aziendali e giuridiche) nel progetto “Oleario - Dove l’Italia lascia un segno” che ha inteso scandagliare le potenzialità per ampliare il mercato del nostro agroalimentare e favorire lo sviluppo delle aree rurali a vocazione olivicola, un fenomeno che potrebbe interessare circa 60 milioni di italiani all’estero e un possibile introito di 8 miliardi di euro.
Sono state condotte due indagini mediante la somministrazione di questionari e interviste dirette. La prima, di tipo qualitativo, ha esplorato il tema e offerto un primo approccio conoscitivo, utile alla definizione dell’indagine statistica. È stata svolta attraverso interviste in profondità e focus group che hanno coinvolto 40 soggetti, fra cui turisti delle radici, rappresentanti di associazioni di italiani all’estero e in Italia, amministratori pubblici, produttori di prodotti enogastronomici (in particolare oleari), rappresentanti di istituzioni, esperti e operatori turistici. L’indagine statistica, a cui hanno partecipato oltre 600 “turisti delle radici”, è stata condotta attraverso un questionario strutturato, composto da 52 domande, disponibile on line in italiano, inglese, spagnolo e portoghese. Si è focalizzata sulla connessione che può sussistere tra viaggio delle radici in Italia e acquisto, consumo e promozione presso amici e conoscenti dei prodotti agroalimentari e del cibo italiano, sia durante il soggiorno in Italia, sia al rientro, indagando anche il possibile ruolo nel contrasto all’“Italian Sounding”. Relativamente all’olio, è stata evidenziata la scarsa consapevolezza sul mondo dell’olio extra vergine di oliva italiano non solo nel nostro Paese ma, soprattutto, all’estero.
Il progetto mira ad indagare la promozione delle produzioni agroalimentari italiane all’estero, con un focus sul comparto olivicolo-oleario, grazie ai turisti delle radici, ovvero emigrati e loro discendenti, che vogliono riconnettersi con la propria terra d’origine o della propria famiglia durante le vacanze, puntando, in particolar modo, ai cosiddetti “prodotti nostalgia” (tra questi in primo luogo l’olio), ossia beni tradizionali locali, principalmente prodotti alimentari, strettamente associati alla terra delle proprie radici, che per loro hanno il “sapore di casa”, ma che acquistano per la qualità, diventando, in tal modo, veri e propri ambasciatori all’estero del made in Italy. Non da ultimo, attraverso il turismo delle radici si possono promuovere le produzioni locali insieme ai territori stessi, anche grazie a “marchi territoriali”. L’aggancio tra la nicchia dei “turisti delle radici” e le aziende olivicole che si aprono all’accoglienza può rappresentare un modello di diversificazione del reddito, un valore aggiunto per turisti e aziende, una opportunità per le aree rurali caratterizzate da un vasto patrimonio olivicolo.
“Ciò che caratterizza il turismo delle radici è la forte componente emotiva legata agli affetti familiari, ai ricordi, alle tradizioni e al cibo - dichiara Barbara Zanetti, ricercatrice del Crea Politiche e Bioeconomia - è un segmento del turismo che trova nelle aree rurali la sua giusta dimensione in quanto è possibile coniugare l’offerta di un patrimonio di tradizioni, di saperi locali e gastronomia con la ricerca da parte dei turisti delle radici di mantenere viva e tramandare alle generazioni la memoria e le tradizioni del proprio paese di origine. L’indagine è nata con lo spirito di trovare nuove opportunità di sviluppo del turismo collegandolo a due capisaldi della nostra cultura e della nostra identità culturale: l’olio e l’ulivo”.

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