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MERCATI INTERNAZIONALI

Grano, i prezzi crollano e i Paesi dell’Est Europa bloccano le importazioni dall’Ucraina

L’azzeramento dei dazi sull’agroalimentare di Kiev mette in crisi gli agricoltori di Polonia, Ungheria e Slovacchia
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Le navi cariche di grano pronte a partire dal porto di Odessa

Nel 2022, pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, fu subito chiara la necessità di mettere in sicurezza l’enorme produzione cerealicola ucraina, che vale l’11% del Pil del Paese, e da cui dipende in misura importante la stabilità di intere filiere alimentari, in Europa ed in Nord Africa. All’epoca, la scarsità delle produzioni di grano ed altri cereali di molti Paesi europei aveva reso indispensabile la creazione di un canale commerciale sicuro, unico vero punto d’incontro, in 14 mesi di guerra, tra Russia ed Ucraina, grazie alla mediazione di Turchia e Onu. La Ue, da parte sua, ha portato avanti la ferma volontà di sostenere l’economia ucraina, tanto che Bruxelles, un anno fa, ha deciso di azzerare i dazi sulle importazioni agroalimentari da Kiev, che ha chiuso il 2022 con 13 miliardi di euro di esportazioni, un record ed un risultato persino migliore di quello degli Usa tra i partner Ue. Ma anche una preoccupazione, ad un anno di distanza, per diversi Paesi europei.

Il panorama, oggi, è ben diverso da quello di un anno fa: le quotazioni sono in costante ribasso, e cresce la paura tra gli agricoltori, che vedono nelle produzioni ucraine una vera e propria minaccia. Il grano di Kiev ha costi di produzione inferiori, e sul mercato Ue, senza dazi, non c’è partita: il rischio è che si generi una spirale ribassista che eroda i margini dei produttori. In Italia, qualche giorno fa, è stata Confagricoltura a lanciare l’allarme sul crollo dei prezzi del grano, ma a pagare il prezzo più alto degli aiuti Ue alle esportazioni ucraine rischiano di essere i Paesi dell’Est Europa. Che, in rapida sequenza, hanno deciso, autonomamente, di bloccare le importazioni di grano da Kiev.
Il primo passo, il 15 aprile, l’ha fatto la Polonia, politicamente vicina all’Ucraina, seguita poi dall’Ungheria, legata a doppio filo a Mosca, e dalla Slovacchia, ma, nei prossimi giorni, potrebbero unirsi anche Bulgaria e Romania. Per la Ue, una situazione a dir poco ingarbugliata, ma da affrontare e risolvere. Intanto, nel Mar Nero ci sono 50 navi ancora bloccate, e il rinnovo dell’accordo tra Mosca e Kiev, che scade il 30 aprile, è tutto fuorché scontato.

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