I Campi elettrici pulsati di bassa intensità per accelerare l’estrazione dei polifenoli (tannini, antociani, resveratrolo e altri composti fondamentali per garantire l’invecchiamento del vino, ndr) dalle uve durante la fase di macerazione del mosto con le vinacce: è la strada che stanno battendo i ricercatori delle Università di Salerno e di Saragozza, che, come spiega “Agronotizie” (https://agronotizie.imagelinenetwork.com), prevede l’esposizione del mosto e degli acini, derivanti dalla fase di pigiatura e diraspatura, ad un campo elettrico di modesta intensità all’interno di una cella di trattamento costituita da due elettrodi separati da uno spaziatore in materiale isolante. Il campo è applicato sotto forma di impulsi: ha dei picchi di breve durata applicati ad intervalli regolari, ed i campi elettrici generati dagli elettrodi hanno l’effetto di aumentare la permeabilità della membrana citoplasmatica delle cellule.
Utilizzata immediatamente dopo la fase di pigiatura, questa tecnica permette una estrazione maggiore di polifenoli rispetto alla semplice macerazione e, in certi casi, anche rispetto all’uso di enzimi pectolitici. Prove condotte sulla varietà Aglianico hanno infatti dimostrato come l’utilizzo del Pef (Pulsed electric fields), a varie intensità di campo elettrico, porta ad una concentrazione maggiore di polifenoli nel vino, anche se non tutte le varietà rispondono allo stesso modo a questo trattamento.
I ricercatori dell’Università spagnola di Saragozza hanno poi dimostrato che nella fase di fermentazione sulle fecce fini, l’utilizzo del Pef permette di accelerare il processo di autolisi del lievito, incrementando il rilascio di mannoproteine, molecole organiche in grado di stabilizzare i composti aromatici e il colore del vino. Inoltre sono utili per limitare le precipitazioni proteiche e tartariche e per aumentare la “morbidezza” del prodotto. La tecnica dei campi elettrici pulsati è interessante anche per un altro motivo. Permeabilizzando le pareti cellulari (elettroporazione) il Pef agisce anche sui microrganismi presenti nel vino, devitalizzandoli. È questo dunque un modo per abbattere la carica microbica senza ricorrere all’innalzamento della temperatura, che ha un effetto negativo sul profilo organolettico del prodotto.
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