Se fino a poco tempo fa leggere i dati sull’export del vino italiano negli Stati Uniti poteva fare rima con “record” o, comunque, forniva un’immediata risposta di crescita, stabilità e prospettive rosee per il futuro, adesso il vento sembra cambiato. Esaurita la “febbre” della corsa alle scorte per timore dei dazi, che poi sono arrivati facendo sentire il loro peso negli scambi commerciali, e sempre con il vento contro dei consumi che si stanno spostando altrove, soprattutto da parte delle nuove generazioni, il mondo enoico italiano si trova adesso a fare i conti con le difficoltà che arrivano da quello che era ed è il suo primo partner commerciale. L’Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv), attraverso le elaborazioni su base Sipsource relative agli scarichi di vino dai magazzini dei distributori per le merci pronte al consumo, afferma che “i consumi complessivi di vino italiano, negli Stati Uniti, in maggio, sono calati del 10,6% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta di una delle contrazioni più nette di un ultimo triennio sempre in perdita, che fa scendere i consumi nei primi 5 mesi dell’anno a -6,3%, sia a volume che a valore. Il dato è leggermente inferiore rispetto alla media generale della domanda di vino negli Usa, che paga con un tendenziale a -14,4% a maggio ed un -9% nei primi 5 mesi dell’anno”. E la preoccupazione sale, insieme alla necessità di trovare nuove soluzioni. “Negli Usa si registra un calo progressivo dei consumi di vino preoccupante, e le etichette italiane non ne sono esenti - ha spiegato il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi - e l’imposizione di dazi da parte dell’America rischia di infliggere un colpo fatale ad un mercato già stagnante, fondamentale per il made in Italy e per le storiche relazioni tra Italia e Stati Uniti. Dobbiamo ridiscutere l’attuale assetto del vino italiano, e questo confronto sarà alla base della prossima Assemblea Uiv, il 3 luglio, a Roma”.
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