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I DISTRETTI DELL’AGROALIMENTARE TIRANO: AFFARI A +7,6% NEL 2011 SUL 2010, SOPRATTUTTO GRAZIE ALL’EXPORT. CON IL VINO IN TESTA. LO DICE INTESA SAN PAOLO. MA IL MERCATO ITALIANO PREOCCUPA. FOCUS - CIA-CONFAGRICOLTURA: MA EXPORT AGRICOLO SOFFRE NEL 2012

Il made in Italy “dipende” dall’estero: l’ennesima conferma arriva dal report sui Distretti del Servizio Studi Intesa San Paolo, da cui emerge che i distretti agroalimentari italiani hanno fatto segnare un +7,6% di volume di affari nel 2011 sul 2010, soprattutto grazie all’export, recuperando il terreno perso nella prima fase della crisi: quasi tutti i distretti (solo 3 “eccezioni” su 44) nel 2011 hanno superato i livelli del 2007. Ed i distretti dai risultati migliori sono quelli del vino: dal Trentino con il Trentodoc ai vini veronesi, Amarone in primis, dal territorio del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene alla Toscana con il Chianti, fino al Piemonte di Langhe, Roero e Monferrato, che è il distretto al top, con un export in crescita dell’8,5% per un valore che supera il miliardo, con un “surplus” di 241,7 milioni di euro sul 2007. Tra gli altri distretti, ottime performance del lattiero-caseario in Lombardia, con il solo export che vale 686 milioni di euro. Ma è il mercato italiano quello che preoccupa di più e che sarà più difficile anche nel 2012: “la domanda del mercato interno si confermerà debole e l’incremento della disoccupazione unito agli effetti delle manovre di correzione dei conti pubblici sulle famiglie, fa prevedere una nuova riduzione dei consumi, che potrebbe interessare l’settore agroalimentare come già nel biennio 2008-2009, e nel 2011”. E così, come ripetiamo da tempo, l’export diventa più una via obbligata che una possibilità, anche se, per Intesa San Paolo, sta cambiando la cartina geografica delle esportazioni: negli ultimi 6 anni si sono ridimensionate, nel complesso, quelle nei mercati più “maturi” per l’agroalimentare italiano, ma sono cresciute nei Paesi emergenti, Cina e Russia su tutti. Ma a preoccupare le imprese del wine & food italiano è anche l’esposizione al debito: secondo l’analisi di Coldiretti sull’indagine della Cgia di Mestre, nel 2011 hanno chiuso 50.000 aziende, e sono aumentate del 30% quelle in sofferenza nel far fronte ai debiti pregressi. E come se non bastasse, per Coldiretti, il costo del denaro in agricoltura ha raggiunto il 6%, ed è più alto del 30% sulla media dell’industria, senza contare che 6 imprese su 10 hanno difficoltà ad accedere al credito.

Focus - Cia-Confagricoltura: “ma nel 2012 soffre l’export di prodotti agricoli freschi”
Se tengono e crescono le esportazioni del wine & food made in Italy, è merito di vino, formaggi, salumi e, in generale, di prodotti trasformati. Perché, al contrario, “il 2012 si annuncia un anno nero per l’export agricolo. A febbraio le vendite all’estero di legumi, ortaggi, agrumi e frutta fresca sono calate drasticamente del 6,8%”. Lo afferma la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori, sui dati sul commercio estero diffusi oggi dall’Istat. “Una performance negativa - continua la confederazione - che segue il segno meno di gennaio (-11,4%), ma anche il risultato deludente dello scorso anno. Nel complesso del 2011 l’export del “made in Italy” agroalimentare e’ cresciuto dell’8,5%, trainato soprattutto da vino, formaggi e pasta, mentre le esportazioni di ortofrutta sono diminuite in totale del 2,3%, trascinate in basso in particolare dall’andamento degli ortaggi, precipitati giù del 9,4%. Colpa dell’allarme “batterio killer”, che ha travolto mezza Europa e che ha bruciato per oltre un mese le spedizioni italiane all’estero con un danno di oltre mezzo miliardo di euro al settore”. Secondo la Cia, all’emergenza dell’Escherichia coli, “vanno aggiunti i danni prodotti dalle ondate di maltempo e dal blocco dei tir che hanno fatto saltare contratti e commesse oltreconfine agli agricoltori. Senza contare l’aumento costante dei costi di produzione”. L’Italia, dice la confederazione, “con 36 milioni di tonnellate di ortofrutta prodotte ogni anno (per un valore di quasi 12 miliardi di euro) e’ e deve rimanere uno dei principali leader mondiali”. Per questo, continua la Cia, “occorre una politica di promozione efficace sulle vetrine internazionali che riporti i prodotti della nostra agricoltura sulla scia positiva soprattutto in una fase economica critica come quella attuale in cui la domanda estera da’ un apporto essenziale” conclude. Sulla stessa linea anche Confagricoltura, che aggiunge: “l’agricoltura è in grandissima difficoltà, non riesce a preservare le sue quote di mercato ed è sempre più debole sul fronte delle importazioni, anche per scelte miopi come quella del recente accordo bilaterale dell’Unione europea con il Marocco. Occorre rafforzare la capacità delle imprese di esportare e di investire all’estero, razionalizzando le risorse, con dotazioni finanziarie sufficienti, stabilendo priorità di azioni e creando strumenti normativi che le sostengano direttamente”.

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