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Calici in alto - Marche: Verdicchio, un bianco d’autore ... Si sente dire spesso, anche da critici autorevoli, che se l’italia vanta ormai un primato mondiale oltreché quantitativo anche qualitativo (almeno considerando la media della produzione) lo si deve essenzialmente ai rossi, chè i bianchi sono al rimorchio di francesi e californiani e in qualche caso (si assaggino i sauvignon) dei neozelandesi. Affermazione che non dice tutta la verità, l’Italia vanta alcuni bianchi da vitigno internazionale di grande livello, ma è soprattutto puntando su alcuni autoctoni che può affermare non solo il timbro delle sue produzioni ma anche un eccellente livello qualitativo. Ci siamo occupati qualche settimana fa del Verdicchio di Matelica, ora torniamo a parlare di questo vitigno marchigiano per celebrare le bottiglie di maggior fama: quelle del Verdicchio dei Castelli di Jesi che pur sconfinando nel maceratese ha patria d’elezione nelle colline che fanno corona ad Ancona e ricevono i benefici influssi dell’Adriatico. E’ tra i bianchi autoctoni forse il più solido, anche se lo si trova in uvaggio soprattutto con chardonnay ma in percentuali contenute. Ora che lo si fa anche Riserva (affinamento 24 mesi di cui 6 in vetro) è riuscito ad affermare la sua longevità. Di buona acidità è vino ampio al bouquet di fiori gialli, con lievi sensazioni di frutta matura. Caratteristico è il finale lungo dove spicca la mandorla amara. Adattissimo da pesce e crostacei tiene bene salse leggere, carni bianche e formaggi molli. Se ben freddo è un ottimo aperitivo.

Le aziende: Garofoli (Loreto), Umani Ronchi (Osimo), Vallerosa Bonci (Cupramontana)

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