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I Viaggi Di Repubblica

Il consumo del vino è in calo nella quantità, ma è in forte ascesa nella qualità. Giovani e donne sono i nuovi adepti della degustazione … Benvenuti nella bolgia di Bacco. Comincia oggi e seguita fino al 14 aprile, il Vinitaly: megarassegna di tutto quanto è, fa, comunica vino. E' la più importante in Europa per dimensione ed anche perché è ospitata dal paese, l'Italia appunto, che ha conquistato il primato quantitativo (lo detiene da anni) ma ora anche qualitativo. Almeno come produzione media. Si fanno davvero nel Belpaese le migliori bottiglie del mondo? Probabilmente, ma non è così scontato. La cifre del Vinitaly raccontano che ci saranno oltre tremila espositori che arrivano dai quattro angoli della terra. Ma forse ci sarà anche la solita ressa, nonostante i salati biglietti d'ingresso ( 30 euro) mitigati dalla pioggia di inviti, il problema del parcheggio che non si trova, gli incolonnamenti in autostrada. Si dice che è il boom del vino, che è la conferma dell'enomania che ha contagiato gli italiani, soprattutto giovani e donne che affollano i wine- bar, le enoteche, i corsi di sommelier. Una macchina che vale un sacco di quattrini e che è l'unico comparto agricolo a tirare. Tant'è che il Sol ( salone agricolo di Veronafiere in contemporanea con il Vinitaly ) soffre la "sindrome di Cenerentola". E pensare che l' extravergine sarà la nuova frontiera del gusto e delle specilaità rurali. Ma il Vinitaly serve a capire verso dove sta andando il gusto, verso dove si orientano i produttori. E serve a capire che il consumo del vino ( in calo di quantità, ormai siamo sotto i cinquanta litri a testa a partire dagli anni settanta, ma in fortissima ascesa di qualità) forse non è più soo una moda, ma è diventatoun life-styke, una manifestazione culturale.Da qui si spiega il boom dell'enoturismo: 5 milioni di presenze, un milione di turisti in giro nel giorno di Cantine Aperte ( quest'anno cade domenica 24 maggio ). Ed è proprio questa riscoperta del vino in rapporto al territorio che oggi anima il Vinitaly. Si fanno le strade del vino, si cerca di connotare sempre di più con i paesaggi, i valori antropici, la storia dei luoghi e degli uomini i caratteri delle bottiglie che sfilano nella passerella veronese. E l'Italia per difendere i suoi primati sta facendo un passo indietro rispetto all'ubriachezza ( è il caso di dirlo) l'uso dei vitigni internazionali, delle barriques ad ogni costo per arrivare a vini concentratissimi, iperprofumati, insomma vini cosmetici, che accontentano i degustatori, soprattutto i temutissimi compilatori di guide, ma scontentano il cibo e dopo un po' annoiano il consumatore medio che è in cerca dei piaceri sottili della degustazione gustolfattiva, del bere come momento di comunicazione e di esaltazione della sapidità della mensa. C'è una ricerca di autenticità che è anche un'esigenza commerciale.
Sui mercati internazionali si stanno infatti affacciando con propotenza i paesi emergenti: Cile Argentina, Australia, Nuova Zelanda Sudafrica. Ma privi come sono di tradizione enoica affidano i loro successi a vitigni internazionali. La risposta delle nostre cantine, che peraltro assistono ad una lieve ripresa delle richieste di vini bianchi ed anche di bollicine d'autore, può essere quella di puntare su una via italiana del vino di qualità. Ed ecco spuntare gli autoctoni: quei vitigni che da sempre si coltivano in Italia e che segnano i caratteri genetici della ruralità. I grandi giacimenti del vino italiano riscoprono ed insistono su vitigni che più li caratterizzano: Il Piemonte su Nebbiolo e Barbera, La Toscana, su Sangiovese Vermentino e Canaiolo, Le Marche su Verdicchio e Montepulciano d'Abruzzo, il Veneto su Garaganega, la Corvina e il Molinaria. E il Sud si vanta del Nero d'Avola, Inzolia, Carignano, Agliatico, Fiano e Greco.
E lo stesso vale per la Romagna che ha riportato in atto la qualità del Sangiovese. Ma anche il terroir emergenti si affidano su queste varietà peculiari: il Lazio riscopre la Cesanese, l'Abruzzo che presenta la nuova Docg Montepulciano delle colline Teramane, la Lombardia che tra Bonarda e Nebbiolo cerca nuovi spazi, il Friuli che fa di Tocai e Refosco autentici vessilli. In un carnet fittissimo di degustazioni, di convegni, si capirà che produrre vino è produrre un'entità del territorio. Che è il sale della scoperta. Perché nella bolgia di Bacco, accanto a degustatori da "profumeria", il girone più affollato ed interessante è quello dei curiosi.

Il vino in passerella

Le aziende : La Spinetta, Gaja, Marchesi di Barolo, Nino Negri, Masi, Pieropan, Tre Monti, Gravner, Villa Russiz, Foradori, Biondi Santi, Costanti, Caprai Valdimaggio, Colacicchi, Montevertine, Frescobaldi, Valentini, Umani Ronchi, Le terraze, Feudi di San Gregorio, Feudo Principi di Butera, Donnafugata, Salvatore Murana, Cantina di Santadi, Argiolas, Torre Quarto.

Aspettando "Cantine Aperte"

... Si stima che enoturisti che solcano i nostri luoghi di Bacco valgano 5 milioni di presenza con un imporante fatturato aggiuntivo non solo per le aziende vitivinicole. E' un'ulteriore declinazione del boom degli agriturismi ... le iniziative del Movimento Turismo del Vino in attesa di "Cantine Aperte" che si celebra il 24 maggio con oltre un milione di visitatori.

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