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I Viaggi Di Repubblica

Una magia chiamata vino ... Visitiamo alcune zone vitivinicole italiane meno note, ora che apre la 42° edizione (dal 3 al 7 aprile) della kermesse di riferimento dell'universo enologico nazionale ed internazionale... Gli stranieri hanno scoperto i Trulli, e la Pu­glia è diventata la nuova Toscana, meta glamour degli amanti di paesaggi incontaminati e del buon vivere, secondo il Wall Street Journal che ha dedi­cato una copertina della sezione Weekend all’ar­rivo in massa degli stranieri in questo angolo d’Ita­lia. Fenomeno che si deve alla politica di gestione degli aeroporti regionali, che hanno creato un network che ha fatto crescere i voli e le Compagnie aeree, in particolare quelle low cost, che mettono in moto persone che altrimenti non volerebbero. Il boom ha fatto impennare i prezzi di trulli e masserie, ma anche il giro d’affari del turismo enogastronomico. Sono in particolare i giapponesi e gli americani, secondo le rilevazioni Isnart-Unioncamere: atterrano in Puglia, alla scoperta dei territori dove nascono le etichette che su­gli scaffali delle enoteche si perdono tra altri vini di Australia, Nuo­va Zelanda o Sud Africa e che invece nella terra d’origine acquista­no un’identità che, secondo gli esperti, rende i vini italiani più com­petitivi. È nel Salento che nasce il Fichimori di Tormaresca, rosso da bere freddo, di moda in estate, ottenuto nell’avamposto meridionale degli Antinori dall’enologo Renzo Cotarella, che ha valorizza­to le virtù del Negroamaro, vitigno autoctono dal quale prende il nome il gruppo musicale che fa impazzire giovani e meno giovani. Il Moscato di Tram o il Nero di Troia, valo­rizzato da cantine emergenti, come Cefalicchio, dei fratelli Fabrizio e Nicola Rossi (economista ex deputato Dp), o più stanche, come Alberto Longo. Cantine dall’ottimo rapporto qualità prezzo, come i Conti Zecca. Grazie agli aeroporti del Nord-est da Treviso, base delle low cost, a Venezia che con la Delta porta a New York, è scoccata l’ora della rinascita di vitigni e zone finora rimaste all’ombra di nomi più blasonati dell’enologia veneta, friulana, altoatesina. La zona del Soave, scoperta dai tede­schi e dove arrivano i primi inglesi. Tra tante realtà, i due estremi: la Cantina di Soave, che dall’unione di piccoli viticoltori ha realiz­zato grandi vini, come Amarone Rocca Sveva, rosso, o il più beve­rino Bianco di Soave. Sul fronte opposto, il produttore Roberto Anselmi, che con le sue battaglie da bastian contrario ha da solo fatto il giro del mondo con etichette, come il Garganega I Capitelli.
Nel triangolo del nord-est i nuovi flussi di turisti contribuisco­no al rilancio della Schiava, vitigno altoatesino rimasto nascosto die­tro i grandi Pinot Neri, Blauburgunder, Gewurztraminer, Lagrein e Riesling, oggi in piena rinascita, grazie a produttori come la Can­tina di St Paul e di Santa Magdalena. Altro territorio in ascesa è il Carso che tra pietre, mare e bora sfida il Collio con il bel bianco Vitoska e un grande rosso, il Ternano che trovano la loro espressioni di punta in tre cantine: Kante, Lupnic e Skrek. Dalle navi crociera che approdano a Genova, turisti, americani in primis, si riversano a fare shopping all’outlet di Serravalle, tra i più grandi d’Europa e poi tra le vigne a muretti secchi delle Cinque Terre, dove spicca lo Schiacchetrà, vino dolce, di Burnanco. I passeggeri delle navi da crociera che dagli Usa fanno sosta a Civitavec­chia, sono entrati nei circuiti del viterbese, do­ve tra gli emergenti si segnala la cantina I Ca­lanchi di Paolo e Noemia D’Amico, della dina­stia degli armatori, con un bianco dai sentori tufacei, tipici della zona.


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