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VINITALY

“Iconic Women In Wine”: le produttrici italiane raccontate da Monica Larner e Alison Napjus

Marilisa Allegrini, Albiera Antinori, Chiara Boschis, Elisabetta Foradori, Elena Fucci, Priscilla Incisa della Rocchetta e Arianna Occhipinti

Due celebri giornaliste, che raccontano il vino da oltre 20 anni sui magazine internazionali più autorevoli del mondo del vino, sette produttrici affascinanti, che hanno fatto, e continuano a scrivere, la storia del vino italiano. Due mondi eccezionali, da un lato la critica e dall’altro la produzione, uniti da Monica Larner, firma per l’Italia per il prestigioso “Robert Parker - The Wine Advocate” (in collegamento da remoto), e Alison Napjus, senior editor di  “Wine Spectator”, che hanno raccontato i vini prodotti in sei regioni italiane da sette vignaiole simbolo del Belpaese: da “Vinitaly 2022” (a Verona, da oggi al 13 aprile), ecco “Iconic Women In Italian Wine”, la degustazione che mette sullo stesso palco due voci potenti della critica enologica di due testate mondiali, evento che non era affatto scontato, ma è diventato bello, semplice ed importante, portando al centro le tematiche di genere, attraverso le storie e le parole di donne influenti che narrano il vino e di donne caparbie che lo producono.
Sul palco Marilisa Allegrini, rockstar dell’Amarone della Valpolicella, Albiera Antinori, alla guida della storica famiglia del vino toscano, Chiara Boschis, a rappresentare il lato femminile dei Barolo Boys, Elisabetta Foradori, ambasciatrice del Trentino nel mondo, Elena Fucci, interprete dei vini vulcanici del Vulture, Priscilla Incisa della Rocchetta, la signora del leggendario Sassicaia della Tenuta San Guido, e Arianna Occhipinti, cuore pulsante del riscatto enologico siciliano.
Sette donne di generazioni diverse, ma oggi coro congiunto, capace di rappresentare tutte le sfide che il genere femminile deve affrontare per imporsi in un settore, in un mercato e in una burocrazia ancora diffusamente maschile. E che, proprio grazie a loro, inizia a comprendere un modo diverso di vedere e gestire il quotidiano vitivinicolo.
“Dopo questo lunghissimo periodo di difficoltà è emerso un bruciante desiderio trasversale: il bisogno di condividere - ha spiegato Monica Larner - di godere del tempo insieme. Essere inclusivi, perseguire un obiettivo comune, lavorare in gruppo per essere partecipi delle stesse energie ed emozioni: il vino può essere l’occasione per parlare di momenti importanti. Il vino italiano in particolare è pieno di anima e questo lo distingue dagli altri vini del mondo. Non potevamo non accettare questo invito unico a raccontare le vicende di donne che hanno fatto la storia del vino italiano”.
“La pandemia ci ha obbligati tutti a trovare strade nuove: nel comunicare il proprio lavoro, nell’interpretare i diversi territori. Il contributo femminile non è nuovo nel settore del vino che sta crescendo grazie alla sinergia tra il femminile e il maschile. Ma quando Stevie Kim ci ha contattate - ha aggiunto Alison Napjus - i nomi di donne produttrici sono stati i primi a venirci in mente. Perché le donne comunicano meglio: usano più parole e usano più emotività. C’è empatia coinvolgente nel parlare di territorio, legami familiari e di wine ambassadors, i tre temi chiave che vogliamo raccontare qui”.
Ognuna delle produttrici presenti ha, in qualche modo, contribuito a rompere barriere, a ripensare il proprio posto d’origine, a dare voce a chi non pensava fosse possibile un’alternativa al main stream. Dalla sostenibilità alla comunicazione, dall’enologia all’agronomia, dal rompere gli schemi pre-esistenti a crearne completamente dei nuovi: le storie originali che accomunano le sette donne del vino italiane rappresentano la diversità viticola e territoriale che rende unica l’Italia. Tornare alla terra e al suo significato contadino, passare dalle parole ai fatti in tema di sostenibilità, mettere da parte l’ego per sentirsi parte di un tutto molto più importante, e nessuna interpretazione del proprio cammino risulta scontato nell’ascoltare le parole ed i vini delle donne in sala: giornaliste, critiche, produttrici, giovani o mature, che siano. Ed ecco i vini presentati, alla cieca, a rappresentare un punto di svolta per ognuna delle sette produttrici protagoniste:
Elisabetta Foradori, Vigneti delle Dolomiti Nosiola Fontanasanta 2015
Rappresenta la responsabilità di preservare un vitigno quasi scomparso, che se vinificato con attenzione può esprimere un carattere ed una longevità unici per i vini bianchi. Ampio e morbido, unisce la confortevolezza del burro alla vivacità del cedro, in un sorso colmo di sapidi cristalli materici.
Arianna Occhipinti, Terre Siciliane Igt Frappato Vini di Contrada BB 2019
Il Frappato come ambasciatore della freschezza nella punta più settentrionale dell’Africa, conosciuto nel profondo dopo una lunga vinificazione per parcelle, inusuale per Vittoria. Inizialmente ridotto, rivela una pienezza e concretezza di frutto e fiori impressionante, incapace di bloccarne la dissetante scorrevolezza in bocca.
Chiara Boschis, Barolo Cannubi 2010
Unica donna nel gruppo innovativo dei Barolo Boys, porta un cru iconico che la solleva da una definizione che non riconosce per sé e che l’ha aiutata ad avverare il desiderio di trasformare Cannubi in un distretto quasi del tutto biologico. Fittamente speziato, riesce ad imprimere profumi e gusto di terra, liquirizia, fiori essiccati ed ematicità nel sorso elegantemente tannico.
Elena Fucci, Aglianico del Vulture Titolo 2012
Una vigna, un vitigno, un vino. Così è iniziato il cammino di vignaiola: con un Titolo che l’ha aiutata a far scoprire il Vulture al resto del mondo, con l’energia e l’entusiasmo di chi ha una pagina femminile tutta bianca da scrivere. Interpretazione moderna, impenetrabile e caldo, mette in scacco la bocca di frutta calda e spezie scure, come a volersi far ricordare senza tentennamenti.
Marilisa Allegrini, Amarone della Valpolicella Classico Riserva “Fieramonte” 2012
La prima annata dopo 20 lunghi anni di attesa, per dare ad un vigneto perfettamente esposto, ventilato e soleggiato il tempo di riprendersi da un mal dell’esca che non lasciava scampo. Dolcezza diffusa, morbidezza e ampiezza vengono sostenuti ed indirizzati da una balsamicità agrumata e una vena vegetale sorprendenti.
Albiera Antinori, Toscana Rosso Tignanello 2018
La prima annata uscì nel 1971 e rappresentò il coraggio di proporre un nuovo modo di concepire il vino toscano, all’interno di uno dei territori più classici dell’Italia: il Chianti. Concentrazione di sapori e trama tannica fitta; dolcezza di frutta e di vaniglia; sviluppo amaricante a dare struttura: l’intramontabile Super Tuscan.
Priscilla Incisa della Rocchetta, Bolgheri Sassicaia 2013
Una produttrice per un vino iconico, una leggenda che fa da testimone all’intento di una famiglia, che per generazioni ha tentato di preservare per le generazioni future la terra ereditata. Ampio ed elegante, sapido e aderente, sottobosco e confettura di ciliegie ad accogliere l’olfatto, con l’immancabile nota di foglia di pomodoro. La storia di Bolgheri in un sorso.

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