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Idee & Lifestyle / Sole 24 Ore

Donne che bevono rosso ... Il vino per i francesi è una bevanda-totem, al pari del latte della mucca olandese o al tè della famiglia reale inglese. Questo scrive Barthes in Miti d’oggi esaltandone il potenziale di “conversione” in quanto sostanza capace di “rovesciare situazioni e condizioni”. Negli esempi che cita (lavoratori da una parte, intellettuali dall’altra, bevitori divino con scopi opposti: i primi per una “qualificazione”, i secondi per avvicinamento a una “virilità naturale”) non contempla però un aspetto diventato fondamentale nella contemporanea mitologia relativa al vino, o anzi più precisamente al “calice divino” (guai a chiamarlo a bicchiere), vale a dire il potenziale di conversione che vi intravedono disperatamente le donne, tanto da trasformarlo - nei loro momenti di più intimo sconforto - in un dispositivo epifanico capace di indurre un’introspezione simile a chi cerca negli acidi la filigrana invisibile del mondo e del proprio sé recondito, ma con effetti anziché liberatori e psichedelici, fondamentalmente nichilisti. Barthes tira in ballo l’intrinseca socialità del vino, “credere al vino è un atto collettivo vincolante”, scrive, e ancora “a chi ha dimestichezza col vino viene conferito un diploma di buona integrazione”. Se questo forse è ancora vero per la cultura francese o italiana, dove il litro di rosso a tavola rimane un mito aggregante, nella sua accezioneyl “calice di vino” in mano a una donna, nella cultura occidentale dominante, ossia ,qieiia americana, si è ribaltato nel suo contrario: a chi ha dimestichezza col vino vienw”conferito un diploma di alienata. Tre delle serie televisive americane più acclamate degli ultimi anni, Mad Men, Breaking Bad e Homeland, mettono in scena l’espressione di tre forme piuttosto gravi di psicosi maschile. Don Draper, Walter White e Nicholas Brody condividono un trauma piuttosto simile, l’essere degli impostori, il dover tenere insieme i pezzi di una doppia vita, barcamenandosi continuamente fra segreti e bugie, costretti a confrontarsi con delle donne che cercano di inchiodarli a un ruolo che gli va stretto e che spesso sono una pura emanazione di quel ruolo. Così mentre questi uomini si macerano nel tormento della loro identità scissa con una scissione che può raggiunge vette potentissime (meglio padre di famiglia o terrorista islamico?), le loro donne li aspettano a casa piene di premura. Il luogo deputato all’attesa è la cucina, le donne americane hanno un rapporto molto intenso col frigorifero, lo aprono e lo richiudono in continuazione, ipnotizzate dal suo movimento evidentemente ipercinematografico. Quando la cucina smette di essere il luogo dell’attesa diventa il luogo del conflitto (ci si separa in cucina, si minaccia il divorzio in cucina, di nuovo: si sbatte lo sportello del frigorifero e si dice che è finita) ma fino a quando resta il luogo dell’attesa, le mogli di questi uomini scissi sono lì, che cercano anche loro di dare qualche forma al proprio tormento, dato che - per quanto riflesso - dovranno pure avercene uno. Ed è allora che entra in scena il calice di vino. Il loro unico vero compagno. Quello che non le tradisce. Quello che non racconta fandonie. Quello che non ha giganteschi buchi neri nella propria esistenza. Quando le donne nelle serie americane intuiscono che potrebbero restare sole, quando temono che la loro vita possa cambiare, quando soffrono, quando sono sul punto di una decisione fondamentale, quando cominciano finalmente a capire qualcosa, il calice di vino è lì con loro. Betty Draper si accomoda al tavolo e lo sorseggia tutta compita, con i suoi vezzi da donna-bambina e intanto i suoi pensieri rincorrono l’abisso, sempre evasivo, della propria infelicità. Skyler, la moglie di Walter White, dopo essere stata costretta per le prime stagioni all’astinenza a causa della gravidanza, sperimenta un momento “calice di vino” particolarmente acuto. Lei e Walter ormai sono ai ferri corti. Skyler è a cena con lui, la sorella e il cognato. A tavola c’è il vino, ma non ha niente a che fare con l’”atto collettivo vincolante”, tanto più che le donne bevono vino e gli uomini birra. Gli alcolici sono sulla tavola, Skyler è l’unica ad avere il bicchiere in mano, cioè il calice, lo accarezza, lo stringe a sé, mentre il suo sguardo diventa sempre più atterrito e disperato, la macchina da presa sottolinea l’enfasi tremante delle sue dita, ed è la spia che ci dice: “Attenzione, siamo in una situazione conviviale, ma lei ha un calice in mano”. E infatti, con il potere immediatamente introspettivo che le è stato conferito dall’aver toccato a fondo il calice, si avvicina in trance alla piscina, mentre il marito continua a parlare. Lo spettatore ha in primo piano Walter White e sullo sfondo vede la figura di Skyler ormai totalmente assorta in un altro mondo, all’apice del solipsismo, quasi geneticamente modificata per il contatto profondo con la bevanda-totem. Skyler entra in acqua vestita, s’immerge, affonda, in una dimensione remota e del tutto inaccessibile agli altri. Pura alienazione. In Homeland l’appropriazione femminile del vino è altrettanto sintomatica per descrivere due tipologie differenti di malessere a tinte rosa. Da un lato abbiamo la moglie di Nicholas Brody, Jessica, che dopo aver elaborato il lutto di un marito morto si trova a elaborare il lutto peggiore di un marito redivivo. Per lei il Trauma è tutto esteriore, è una faccenda pratica da risolvere: sa che deve tornare ad amare Nicholas e ricomporre la famiglia. Si dedica alla causa con tutta se stessa, è forza propulsiva applicata a un dovere morale, ma nei momenti di cedimento, quando l’ignoto dell’instabilità emotiva fa breccia nel suo rigore di moglie e madre devota, la vediamo con il calice in mano che osserva il cielo o fissa il vuoto. Dall’altro lato c’è Carne, l’opposto, agente della Cia, donna in carriera e single, una forzata dello squilibrio sentimentale e mentale (tanto da essere clinicamente bipolare). Lei non sceglie di amare Nicholas, ma sembra piuttosto “scelta” da quella passione. Quando Nicholas piomba a casa sua, lei è pronta con la bevanda-totem per unirsi a lui in un rito dionisiaco e adorare insieme il Trauma, ma lui la respinge, rifiuta il calice: se deve mischiarsi con l’alienazione altrui, si dice Nicholas, tanto vale tenersi quella della moglie, Ed è così che Carne riesce a spingere il potere epifanico del vino verso territori non ancora esplorati. Butta giù gli psicofarmaci attaccandosi direttamente alla bottiglia come a dire: vai pure, ci rivedremo all’inferno.

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