I dazi Usa che hanno avvantaggiato i vini italiani, a tutt’oggi esclusi dalla misura, le annate eccellenti e celebratissime del Brunello di Montalcino 2015 e del Barolo 2016, la crescita degli investimenti, e, di conseguenza, delle quotazioni, sui tutti i vini di più alto livello del mondo, compresi quelli italiani. Passando per una sempre maggiore capacità dei produttori top d’Italia di coniugare altissima qualità a quantità di prodotto importanti. Si spiega così il 2020 da incorniciare, pur nell’anno nero segnato dal Covid, per il vino italiano sul Liv-Ex, come raccontato a WineNews da Justin Gibbs, direttore e co-fondatore della piattaforma di riferimento del mercato secondario (la video intervista nei prossimi giorni), commentando un 2020 straordinario, che ha visto l’Italia star assoluta del mercato secondario dei fine wine, grazie a campioni come il Barolo Monfortino di Giacomo Conterno, in assoluto il vino che ha mosso più valore al mondo con l’annata 2013, al vertice di una Top 10 che annovera anche il Sassicaia 2017 della Tenuta San Guido ed il Tignanello 2016 di Antinori, con il Belpaese capace di piazzare ben 4 etichette tra le prime 10 nella classifica di crescita delle quotazioni, come il Sassicaia 2013, il Tignanello 2013 e 2016 e di Solaia 2013, ancora firmati Antinori. Ancora, nei 12 mesi appena conclusi, l’Italy 100, l’indice dedicato ai grandi vini del Belpaese - formato dalle ultime 10 annate fisiche (2007-2016) dei grandi Supertuscan, ovvero Sassicaia, Masseto, Ornellaia ed il grande “trittico” della famiglia Antinori, formato da Solaia, Tignanello e Guado al Tasso, e ancora dal Sorì San Lorenzo (annate dal 2006 al 2011 e dal 2013 al 2016), dal Barbaresco (dal 2007 al 2016) e dallo Sperss (2005-2011 e 2013-2015) di Gaja, e Barolo Monfortino Riserva di Giacomo Conterno (con le annate dal 1999 al 2002, dal 2004 al 2006 e poi 2008, 2010 e 2013) - è cresciuto del 6,65%, tallonato solo dallo “Champagne” 50, a +6,24%.
Un successo che si basa sostanzialmente su 3 fattori, spiega Gibbs: “il primo è l’introduzione dei dazi Usa sui vini Ue alla fine del 2019, a cui non sono stati assoggettati i vini italiani, gli Champagne ed i vini sopra i 14 gradi alcolici, e questo si è tradotto in un vantaggio sul valore di vendita. Secondo punto è che vini di regioni come Borgogna e Bordeaux, ed i vini top level italiani, hanno incrementato il loro valore, spingendo i consumatori ad investirci. Terzo punto, l’ingresso nel mercato del Brunello 2015 e dal Barolo 2016, giudicate da critica e mercato come due annate particolarmente riuscite”.
Le performance dell’Italia sono state confermate anche dalla Liv-Ex Power 100, classifica realizzata considerando i volumi ed i valori mossi da ogni singolo brand, il prezzo medio, la variazione delle quotazioni ed il numero di singoli vini (etichette ed annate) sul mercato, che conta 17 etichette italiane mai cosi tante, ben 9 in più del 2019, con Gaja che balza dalla posizione n. 3 (dalla 34 del 2019), Sassicaia alla n. 4 (dalla n. 7), Ornellaia alla n. 6 (dalla 91), Masseto alla n. 9 (dalla 72), il Solaia di Antinori alla n. 13 (dalla 72), solo per nominare le posizioni di vertice, segnalando anche i due nomi che, in assoluto, sono cresciuti di più, come la griffe del barolo Luciano Sandrone, salita dalla posizione 277 alla 62 (+215), e la Tenuta Greppo di Biondi Santi, culla del Brunello di Montalcino (oggi del gruppo francese Epi, ndr) passata dalla 219 alla 55 (+164), e ancora, da Chianti Classico, Montalcino, Bolgheri e Valpolicella, nomi come Tignanello, Giacomo Conterno, Bartolo Mascarello, Casanova di Neri, Poggio di Sotto, Vietti, Tua Rita, Bruno Giacosa e Quintarelli. Mai così tante.
“Ci sono state tante new entry, 4 in Piemonte e 5 in Toscana, e il fatto che vini come Solaia, Sassicaia, Masseto, Ornellaia e Gaja abbiano dominato la classifica ha a che fare anche con i volumi di produzione. Saper coniugare quantità e altissima qualità è un fattore chiave per diventare big player in questo mercato. Se si riescono a combinare volumi produttivi e performance di prezzo, cosa che questi vini fanno, si è in grado di emergere in un mercato dove altri restano più statici. In termini di volumi il Sassicaia è stato il vino più scambiato sul Liv-Ex, l’Ornellaia il n. 12, il Solaia è al n. 6 in termini di valore mosso, per esempio”. E se i grandi Barolo, i Supertuscan ed il Brunello di Montalcino sono i vini più importanti, tanto altro si sta muovendo. “L’Italia è uno dei più antichi produttori del mondo, ma il mercato - spiega Gibbs - lo ha scoperto in un tempo relativamente recente. Il Piemonte è stato per molto tempo una nicchia, mentre adesso sta crescendo insieme ai Supertuscan. Ma stanno crescendo anche i vini abruzzesi, il Chianti Classico, e ci sono segnali positivi, anche se più contenuti, da Sicilia, Sardegna, Campania e Trentino”.
Un quadro positivo per i fine wine italiani, ed un primato tricolore arrivato in un 2020 in cui il mercato sul Liv-Ex è cresciuto in maniera importante, con record sia in valore, che in volume, che, nel numero di vini, che si sono mossi sulla piattaforma. E viene da chiedersi cosa è possibile immaginare per questo 2021 appena iniziato, e che si annuncia ancora decisamente complicato per la pandemia e non solo.
“É sempre pericoloso far previsioni - sottolinea Gibbs - ma se dovessi tirare ad indovinare direi che, nel 2021, continueranno i trend visti nel 2020. Le banche centrali hanno ridotto i tassi di interesse, gli investitori si orientano su asset diversificati, ed il vino continuerà a beneficiare di questo. Inoltre, se i lockdown dovessero continuare ancora un po’, come sembra, il traino sarà consumo domestico, insieme all’on line, e di questo potrebbero approfittare territori meno conosciuti. Inoltre, i dazi sono ancora applicati, anzi, abbiamo visto che gli Usa hanno esteso anche a quelli sotto i 14 gradi, con vini italiani e Champagne che restano ancora fuori. E tutto questo fa pensare che il trend visto nel 2020 continuerà anche quest’anno.
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