Mentre in numeri aggregati raccontano di una ripresa del vino italiano sui mercati del mondo e su quello interno per certi versi formidabile, nel 2021, ad andare a guardare i bilanci delle aziende in modo dettagliato, si scopre che, alla fine, non è andata poi così male neanche nel 2020, a livello complessivo, visto che, nel complesso, i ricavi sono scesi appena del -2,99%, anche se ha sofferto un po’ di più la redditività, visto che l’Ebitda è arretrato del -5,99%. Ma il dato aggregato, di suo, dice qualcosa ma non dice molto, perchè come noto il sistema imprenditoriale italiano è fatto da piccolissime aziende e da grandi realtà, privati e cooperative, aziende agricole e imprese commerciali, che, peraltro, operano in tanti territori diversi. E così, andando a guardare nel dettaglio i bilanci 2020, si conferma, nero su bianco, che, per alcuni, il 2020 della pandemia è stato un anno addirittura migliore, dal punto di vista economico, del 2019, discorso che vale soprattutto per le piccole cantine con fatturati tra i 3 ed i 5 milioni di euro, per quelle oltre i 50 milioni di euro e per le cooperative, mentre ha sofferto, e non poco, tutto quello che sta in mezzo. A dirlo l’approfondita indagine “Cosa dicono i bilanci delle imprese del vino italiano”, presentata oggi da “Il Management Divino” (nella galassia di Studio Impresa, che fa parte del gruppo Reliant), che non solo ha preso in considerazione i bilanci depositati di 539 imprese, l’88% di quelle italiana che fatturano oltre 3 milioni di euro, ma le ha anche divise per classi (159 quello con ricavi fino a 5 milioni di euro, 150 quelle fino a 10 milioni di euro, 107 quelle tra 10 e 20 milioni di euro, 84 quelle che arrivano ai 50 milioni di euro e 39 quelle che li superano), tipologie (342 private e 197 cooperative, 291 le aziende classificate agricole e 248 quelle industriali) ed anche secondo altri criteri, per esempio quelle “light a scarsa immobilizzazione” (le più commerciali), che sono 165, e quelle “strong con elevate immobilizzazioni” (con vigneti e cantine di proprietà) che sono 176. E cosi, a livello complessivo, emerge che i ricavi del panel, nel 2020, sono stati di 9,8 miliardi di euro rispetto ai 10,1 del 2019, mentre la redditività, ovvero l’ebitda, è stato di 884 milioni di euro, inferiore ai 940 del 2019, ma superiore agli 864 del 2018, per esempio. Scorporando il dato, emerge che la perdita dei ricavi è stata soprattutto a carico delle imprese private (6,1 miliardi nel 2020 contro i 6,4 del 2019), mentre per le cooperative le cose si sono mantenute stabili sui 3,1 miliari di euro. I privati, però, hanno mantenuto un indice di redditività complessivo stabile, sull’11,3%, mentre le cooperative sono scese dal 5,5% del 2019 al 4,9% del 2020.
Ma andando ancora più nel dettaglio, si scopre, per esempio, che, per le piccole cantine sotto i 5 milioni di euro di fatturato, la redditività è cresciuta dall’8,8% del 2019 al 9,4% del 2020, così come per le aziende sopra i 50 milioni di fatturato, per le quali è passata dall’8,9% del 2019 al 9,6% del 2020, mentre a soffrire di più sono state le aziende tra i 10 ed i 20 milioni di euro di fatturato, che hanno visto la redditività arretrare dal 10,15% nel 2019 al 7,7% del 2020.
Ancora, guardando ai livelli di immobilizzazioni delle aziende, emerge che quelle considerate “light” (cioè sotto un rapporto tra immobilizzazioni materiali ed attivo del 29,7%) hanno visto crescere il proprio ebitda dal 10,1% all’11,4%, ma ancora una volta soprattutto grazie a quelle sotto i 5 milioni di euro di fatturato, passate dall’8,6% al 13,3%, ed a quelle sopra i 50 milioni di euro, per le quali il parametro è cresciuto dall’11,5 al 14,4%. Quelle considerate “strong”, ovvero le aziende dove la proprietà di vigneti e immobili pesa di più, nel complesso, hanno registrato una crescita dei ricavi, da 2,1 a 2,5 miliardi di euro, ma cedendo qualcosa in redditività, scesa dal 13,6 all’11,2%. Dividendo ancora tra aziende agricole e non agricole, però, emerge che quelle “strong” agricole hanno registrato una leggera perdita di ricavi e di redditività tra il 2020 ed il 2019, mentre quelle non agricole hanno visto crescere i ricavi, ma ceduto qualcosa in redditività.
Con due dati che emergono chiari: le aziende agricole “strong” sono state quelle con l’ebitda migliore in assoluto, con un tasso del 19,15. E guardando alla variabile territoriale, quelle della Toscana staccano tutti, con un ebitda del 28,5%. Che conferma la classifica regionale che emerge considerando il dato di tutte le imprese per tipologie e dimensione, con le imprese toscane con una redditività del 19,6%, seguite da quelle della Liguria al 14,2%, dell’Umbria al 13,7%, del Piemonte all’11,3%, e della Lombardia al 10,8%, mentre la minor redditività per azienda è in Molise (2,4%), preceduta da Sardegna (4,3%), Basilicata (4,8%) ed Emilia Romagna (5,6%).
Classifica che cambia se si guarda al totale dei fatturati aziendali regionali: al top assoluto c’è il Veneto, con oltre 3 miliardi di euro, seguito dell’Emilia Romagna, con 1,2, e poi da Trentino, Piemonte e Toscana, tutte di poco sopra il miliardo di ricavi. Con il Veneto che si classifica al vertice anche per Ebitda (226 milioni di euro), davanti a Toscana (199) e Piemonte (120). Singolare, ancora, la classifica degli addetti per azienda, che vede in testa ancora la Toscana, con più di 68, davanti alla Sicilia con 55, e all’Emilia Romagna, con 49. Mentre cambia ancora una volta la lista se si guarda ai ricavi per addetto, con al top il Veneto, con 678.224 euro, davanti al Trentino, con 565.148, all’Emilia Romagna, con 564.621, e al Piemonte, con 562.546.
Tanti dati, numeri e analisi che confermano, come detto, “che così come il vino italiano si esprime con tanti vitigni, tante denominazioni e tanti territori nel calice, allo stesso modo è fatto di tante realtà imprenditoriali molto diverse tra loro, e che nella loro diversità vanno analizzate per capire cosa funziona per un certo tipo di realtà in un certo territorio e cosa no, perchè non esiste una ricetta che va bene per tutti, ed è un aspetto che deve tenere in considerazione tanto chi gestisce le aziende che le istituzioni che guidano le politiche nazionali e territoriali”, ha spiegato, a WineNews, Luca Castagnetti, direttore di Management DiVino. “Guardando ai dati del nostro studio, per esempio, emerge come, nel 2020, le cose siano andate meglio, sul fronte della redditività, per le piccole cantine e per le più grandi e più patrimonializzate. E questo, per esempio, si spiega - commenta - con motivazioni diverse. Le piccole, per esempio, con tutti gli eventi fermi, hanno risparmiato molto sulla partecipazione a fiere ed iniziative di marketing che sul loro fatturato incidono di più che su altre, per esempio. Le più grandi e strutturate, invece, hanno avuto le capacità di interpretare meglio il momento di mercato e i mezzi per farlo, anche finanziari. E non è un caso che, come abbiamo visto in questi mesi, i processi di aggregazione, fusione o di investimento abbiamo visto protagoniste soprattutto questi due tipi di realtà. O ancora, emergono due modelli che primeggiano su aspetti diversi, come quello del Veneto e quello delle Toscana. Ma al di là di quello che emerge nei numeri, il senso di questa nostra analisi è proprio quello di capire, in maniera quasi chirurgica, cosa succede, cosa funziona e cosa non funziona per le diverse tipologie di impresa del mondo del vino. Che sono tante e diverse tra loro. Ed il nostro strumento di analisi, che parte dai bilanci depositati nelle Camere di Commercio e forniti da Infocamere, e quindi su dati finali e reali, serve proprio a questo. E ci consente di capire quali sono le reali “best practice” per ogni tipo di azienda, in maniera quasi sartoriale. E continuativa guardando a tanti aspetti. Il 24 novembre, per esempio, presenteremo un focus sull’impatto delle pratiche di sostenibilità sulle diverse tipologie di azienda”.
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