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IL MESSAGGIO

Il cambiamento del vino, in vigna, nella comunicazione e sul mercato, secondo Angelo Gaja

La “lectio magistralis” del produttore piemontese, che, ad Alba, ha aperto il nuovo Anno Accademico dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino
ACCADEMIA ITALIANA DELLA VITE E DEL VINO, ANGELO GAJA, GAJA, Italia
Il cambiamento del vino, in vigna, nella comunicazione e sul mercato, secondo Angelo Gaja

Affrontare e convivere con il cambiamento climatico, utilizzare i vitigni resistenti soltanto per i vini generici, cambiare il modo di comunicare il vino. Ecco i tre atout della prolusione con la quale Angelo Gaja, tra i più celebri e ascoltati produttori del mondo, icona del vino italiano, artigiano ed ormai sempre più spesso in veste di “conferenziere”, ha aperto, ad Alba, il nuovo Anno Accademico dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino (Aivv), al Centro di Ricerca Interdipartimentale “Viticoltura e vino” dell’Università di Torino, diretto dall’accademico Luca Rolle. “Una nuova annata che si apre nel segno della ricerca e dell’innovazione nel campo della viticoltura, da una sede universitaria, e in uno dei territori del vino simbolo nel mondo”, ha detto il presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, Rosario Di Lorenzo, nominando accademici onorari personalità del vino come lo stesso Angelo Gaja, oltre ad Oscar Farinetti, patron Eataly e produttore di vino (con diverse tenute del Gruppo Fontanafredda, in Piemonte e non solo), ed ancora Ferdinando Frescobaldi, Emilio Pedron, manager di lungo corso nel mondo del vino, e Luca Rigotti, alla guida del Gruppo Mezzacorona, del Gruppo Vino Confcooperative e del Copa-Cogeca, che rappresenta le cooperative del vino in Unione Europea.
“Con il cambiamento climatico, che preoccupa per la salute del vigneto, c’è da imparare a conviverci. I patogeni, sempre più aggressivi, non li puoi far fuori tutti, e allora diventa importante la capacità di adattamento (nel vigneto, in cantina, sul mercato), introdurre nuove scelte e non pensare che quella sia la scelta definitiva”, ha detto Angelo Gaja, sottolineando, come una scelta tra quelle possibili da fare, di “piazzare i vigneti in altitudine ma senza estirpare o spostare altrove i boschi che vanno lasciati dove si trovano”.
Un’apertura, quella di Angelo Gaja, che arriva anche sul fronte dei vitigni resistenti, ma non per i vini a denominazione. Perché se molti guardano all’arrivo di nuovi cloni “c’è troppo da aspettare ancora e non c’è tempo. Quindi occorre proteggere i vecchi vigneti, quelli che danno la qualità. I vitigni resistenti è bene che siano piantati, ma non devono entrare nelle Doc. Abbiamo lavorato per valorizzare le denominazioni con le loro diversità, tipicità e caratteristiche: con i resistenti che vengono prodotti ovunque, sarebbe una gravissima omologazione, un £inquinamento£ delle Doc”, ha spiegato ancora Gaja.
Che ha toccato anche altri temi attualissimi, come la necessità di una nuova comunicazione su vino e alcol, ma anche i vini dealcolati. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha detto che l’alcol è veleno in qualsiasi quantità, non solo se ne abusa. E noi siamo fermi, non abbiamo introdotto novità. Dobbiamo renderci conto che combattere contro la ricerca è una battaglia persa e allora dobbiamo rimodulare il nostro messaggio: bere con misura, se sai bere superi i rischi che comporta, consapevole che tutti gli abusi fanno male e che l’alcol crea dipendenza”. E, sul fronte dei dealcolati, che, da poco, si possono produrre anche in Italia, Angelo Gaja lancia un’altra apertura: “ero partito contro, mi sembravano un errore. Adesso non sono contrario, la ricerca metterà meglio a punto il modo di produrli”.
Tra i temi quelli di mercato e del valore, con la necessità di intervenire ancor di più sulla qualità per “far crescere la bottiglia: dobbiamo lavorare per passare da 2 a 12 euro anche se calano i consumi”.
Ancora, per l’Intelligenza Artificiale, Gaja sostiene che “stimolerà la creatività e abbiamo bisogno di creatività. Ci sarà il naso artificiale per la misura dell’acidità, del tannino, della concentrazione. Ma non dell’eleganza. Per quella ci vorrà sempre l’uomo”.
Un argomento, quello dell’Intelligenza Artificiale, di tutte le giornate di lavoro dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino: “l’Ia - spiega l’Accademia - sta rivoluzionando la società e i modelli produttivi. E anche il mondo del vino è coinvolto da questa innovazione. Tecniche di Ia e di machine learning trovano spazio per le misure o analisi specifiche con la finalità di controllare lo stato chimico-fisico del vino come valutare la presenza di off-flavour, il livello di solfiti o la filtrabilità e aiutano l’enologo nelle decisioni. L’Intelligenza Artificiale è in grado di esaminare una enorme quantità di dati in brevissimo tempo, questa mole di analisi trattate permette la costruzione di modelli sempre più robusti aumentando quindi la capacità di predire l’evoluzione di fenomeni chimici o biochimici anche in una matrice complessa quale il vino. Per questo viene applicata per predire la qualità, salubrità o per l’autenticazione”.

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