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Il caso “Cra”, Consiglio per la Ricerca in Agricoltura: secondo un’inchiesta de “La Repubblica”, i vertici si aumentano lo stipendio, ma chiedono più soldi alle Politiche Agricole per l’assorbimento dell’Inran soppresso da Monti. Ma Martina dice no

In tempi di spending review, c’è chi va oltre, e pensa bene di ritoccare a rialzo i propri stipendi. È successo, secondo un’inchiesta del quotidiano “La Repubblica”, al Cra, il Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura. Ma il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina dice no. La vicenda parte nel marzo 2013, quando il Cra ha iglobato l’Inran (Istituto Nazionale per la Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), soppresso dal Governo Monti. Che si è trasformato in “Cra Nut”, con il presidente del Cra Giuseppe Alonzo che ha sollecitato il Ministero delle Politiche Agricole ad un adeguamento del fondo “per fare fronte al nuovo organico e garantire le ricerche in corso”.
Ma “l’Anpri, associazione che racchiude ricercatori scientifici e tecnologici, sindacato combattivo, nel frattempo ha segnalato che “l’intero gruppo dei ricercatori e i precari dell’ex Inran” non è stato assorbito sul serio. Il sindacato ha denunciato: “l’amministrazione del Cra continua a sostenere che non ci sono soldi per l’applicazione dello scorrimento delle graduatorie e per l’assunzione dei precari storici, ma i soldi per la dirigenza si è scoperto che ci sono””.
Nell’attesa, riporta ancora “La Repubblica”, nel pezzo firmato da Corrado Zunino (http://goo.gl/LmO4iv), “Alonzo si è adeguato lo stipendio”, e così per tutti i 4 membri del Cda prima, e per il dg poi. Solo che, ad un tratto, “Alonzo e il suo cda - riporta ancora il quotidiano diretto da Ezio Mauro - si sono accorti che quella cifra violava i tetti massimi degli stipendi pubblici fissati dal governo Renzi, 240.000 euro - e frettolosamente lo hanno riportato “secundum legem”: 239.957,03 euro”.
E così il sindacato dei ricercatori si è rivolto al Ministro Martina, lamentando un “comportamento dei vertici del Cra è irresponsabile e inaccettabile”. E il Ministro ha risposto, assicurando di non firmare i decreti attuativi degli aumenti. “Stiamo controllando se quegli stipendi siano stati operativi dal mese di marzo. Nel caso, i beneficiari restituiranno la parte non spettante”, ha detto al quotidiano “La Repubblica”.

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