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EMERGENZA CORONAVIRUS

Il Chianti boccia il “Cura Italia”: servono interventi per le aziende che producono

Il Presidente del Consorzio Busi: “i mercati sono fermi, ma noi non possiamo bloccare la produzione e abbandonare i campi”
AIUTI, CHIANTI, CORONAVIRUS, CURA ITALIA, Italia
Il presidente del Consorzio del Chianti Giovanni Busi

Delusione per il decreto “Cura Italia” ed una richiesta allargata di sostegno alle aziende agricole “senza discriminazioni di fatturato ed a prescindere dal fatto che siano in bonis o meno”.Il Consorzio Vino Chianti, uno dei consorzi più grandi d’Italia, chiede nuove misure e mette nel mirino un decreto che, secondo le parole del direttore Marco Bani, “non soddisfa le nostre aspettative in termini di stanziamento dei fondi assegnati per gli interventi a favore delle imprese, in termini di provvedimenti in campo tributario-fiscale, in materia previdenziale e di lavoro e previdenza sociale né tantomeno nel campo del credito. Il rinvio delle attuali scadenze al mese di maggio 2020 o sue eventuali brevi rateizzazioni, quando saremo ancora, a detta degli esperti, nella fase calante della pandemia, vedrà le aziende alle prese con i problemi di liquidità per il perdurare della crisi del mercato e dei consumi e quindi nell’impossibilità di far fronte alle scadenze”.
Il mondo del vino ha esigenze specifiche, il lavoro continua ma le vendite sono in stallo. Per questo il Consorzio auspica nuove soluzioni: “i mercati sono bloccati - dice il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi - quindi le vendite sono ferme, ma noi non possiamo bloccare la produzione perché fermare le nostre aziende significherebbe abbandonare i campi. Il mercato interno è fermo da settimane, adesso si stanno chiudendo anche gli sbocchi commerciali in Europa, Stati Uniti e Sud America. La Cina, in lenta ripresa, è un mercato nuovo che non potrà in nessun modo compensare il fermo dei nostri riferimenti storici”.
Se nei campi il lavoro non è cambiato, il mondo esterno sì. Per questo i produttori chiedono aiuto per limitare i danni dal crollo delle vendite. “Va bene tutelare i dipendenti per le imprese costrette a fermarsi - conclude Busi - ma nel nostro caso gli operai sono tutti al lavoro perché le nostre attività seguono il ciclo vegetativo delle piante, che si sussegue a prescindere da calamità e pandemie: almeno nella fase attuale ci servirà a ben poco la cassa integrazione, a noi servono interventi a sostegno delle aziende che devono continuare a produrre ma non possono e non potranno vendere”.

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