La fiducia in un mercato cresciuto nel 2021, e che ha iniziato in positivo anche i 2022, almeno prima dello scoppio del conflitto, ma anche sulla qualità dei vini che nascono da un territorio di una bellezza unica e con una grande storia, quasi una “cerniera culturale che lega la bellezza della Siena del Medioevo alla pomposità di Firenze, culla del Rinascimento”, per dirla con le parole del presidente del Consorzio del Chianti Classico, Giovanni Manetti. Riparte da qui il Gallo Nero, alla Chianti Classico Collection 2022, alla Stazione Leopolda di Firenze, con il debutto delle nuove annata e lo stato dell’arte di una denominazione tra le più importanti e storiche del Belpaese (dove il vino, si stima, muove un giro d’affari di 800 milioni di euro, con un valore della produzione di oltre 500 milioni, ndr), che guarda ad un futuro di crescita partendo da basi solide, in vigna, in cantina e nei bilanci, e lavorando ad un legame sempre più stretto tra vino e territorio, cristallizzato anche nelle nuove Uga (Unità Geografiche Aggiuntive, ovvero San Casciano, Greve, Montefioralle, Lamole, Panzano, Radda, Gaiole, Castelnuovo Berardenga, Vagliagli, Castellina, San Donato in Poggio). Il 2021, infatti, pur caratterizzato dall’evento eccezionale della pandemia, si è concluso con un bilancio migliore delle aspettative, con un +21% nelle vendite sul 2020, e +11% sul 2019. Un trend di crescita che continua anche nel 2022 che, a fine febbraio, fa registrare già un +7% sul primo bimestre 2021. “Un quadro confortante e che da fiducia per il futuro, al netto dell’incognita della guerra tra Russia e Ucraina e delle sue conseguenze economiche (tra aumento dei costi energetici e difficoltà di reperire materie prime, ndr), che ovviamente speriamo finisca il prima possibile pensando soprattutto alle sofferenze e alla tragedia umana per il popolo ucraino”, ha sottolineato, a WineNews, Giovanni Manetti.
In ogni caso, in generale, aumenta il valore globale della denominazione, anche a partire dalle uve: la quotazione al quintale della vendemmia 2021 è stata più alta del 20% rispetto all’anno precedente, offrendo una maggiore remuneratività anche alle aziende che non imbottigliano. Per quel che riguarda il prodotto imbottigliato, si conferma la tendenza alla crescita del peso - in volumi venduti e in valore - delle tipologie “premium” del Chianti Classico, Riserva e Gran Selezione. Nel 2021 le due tipologie hanno rappresentato, congiuntamente, il 43% della produzione e il 55% del fatturato (fonte Maxidata). Guardando ai mercati del Chianti Classico, “che crescono tutti in maniera organica, e anche questo è un aspetto importante”, aggiunge Manetti, gli Usa si confermano ancora una volta al primo posto, una posizione che ormai detengono da oltre 15 anni: una bottiglia su tre di Chianti Classico trova infatti sbocco in questo Paese (33% delle vendite totali); stabile, al secondo posto, il mercato interno dove oggi viene venduto il 20% del totale dei vini Chianti Classico commercializzati. Segue il Canada al terzo posto (10%), un mercato che negli ultimi anni ha dato grandi soddisfazioni ai produttori del Gallo Nero. Buona anche la performance del Regno Unito che si attesta al quarto posto (8%): un Paese dove il Consorzio Vino Chianti Classico continuerà ad investire anche nel 2022 con vari eventi e attività promozionali. Poi, fra i mercati consolidati, la preziosa Germania, anch’essa oggetto di particolare attenzione nella strategia consortile (6%). A seguire i Paesi Scandinavi, la Svizzera, il Benelux e il Giappone.
Da evidenziare, fra i mercati emergenti che hanno mostrato maggiore dinamicità ed interesse verso la denominazione Chianti Classico, la Corea del Sud che nel 2021 ha raddoppiato le importazioni di Chianti Classico sull’anno precedente e addirittura quadruplicato il numero delle bottiglie importate nel 2019 (e da dove arriva il giornalista Jung Yong Cho, nuovo Ambasciatore ad honorem del Chianti Classico, ndr).
“Siamo molto soddisfatti dell’affermazione del Chianti Classico sui mercati internazionali - sottolinea ancora Giovanni Manetti - e, in particolare, del trend positivo degli Stati Uniti e del Canada e della tenuta di tutti gli altri mercati storici per i vini del Gallo Nero. Apprezziamo anche il risultato del mercato interno, che premia il lungo lavoro di rilancio della denominazione svolto negli anni che ha visto l’introduzione della tipologia Gran Selezione nel 2014 e che oggi presenta il progetto Uga del Chianti Classico. Ancora molto può e deve essere fatto ed è uno dei principali obiettivi del mio mandato di presidente del Consorzio quello di “valorizzare ulteriormente” la denominazione continuando a consolidarne il valore e l’immagine nella sfera delle eccellenze enologiche mondiali”. Dall’indagine sulle vendite del Gallo Nero effettuata dal Consorzio, il Chianti Classico vanta una penetrazione commerciale davvero particolare; pur rimanendo infatti spiccata la concentrazione delle vendite nei suoi mercati storici, i vini del Gallo Nero raggiungono anche mete insolite, al di fuori dalle normali rotte commerciali e in tutti i continenti: i vini a denominazione sono infatti distribuiti in oltre 130 paesi in tutto il mondo. “Da alcuni anni il Consorzio sta investendo sul potenziamento dei suoi mercati storici, anche con alcune attività innovative che ci permetteranno di avere una presenza sempre più costante e capillare nei vari paesi di riferimento” afferma il presidente Giovanni Manetti. Obiettivo programmatico del Consorzio, che conta 485 soci, di cui 342 le aziende che presentano le proprie etichette sul mercato, come sempre, è una equa e stabile remunerazione per tutta la filiera, fattore indispensabile per la programmazione aziendale nel medio-lungo periodo ed elemento fondamentale in un processo di crescita del valore globale della denominazione. Il quadro economico positivo è frutto di una ricerca di qualità che è un percorso in continuo itinere: l’attenzione alla compatibilità della viticoltura con l’ecosistema della zona di produzione del Chianti Classico è una chiave per assicurare lunga vita a un territorio vocato. Territorio che sarà ulteriormente valorizzato dalle attività del Distretto Rurale del Chianti (costituitosi nel maggio del 2019) e dalla Candidatura Unesco del Paesaggio Culturale.
In un territorio sempre più “green”. Coperto per due terzi da boschi, con solo un decimo di areale dedicato alla viticoltura, nel territorio del Chianti Classico i produttori di vino oggi mirano sempre più all’equilibrio ecologico, impegnandosi a ridurre l’impatto dell’intervento umano. Da un recente sondaggio del Consorzio, cui hanno risposto circa la metà delle aziende associate, la consapevolezza produttiva è la parola d’ordine dei produttori: il vino rispecchia il territorio come un’immagine fotografica in negativo, e per questo è tanto più importante preservare il contesto ambientale, accanto alla cura di un prodotto di qualità. Il dato più significativo è quello relativo alla viticoltura biologica. Oggi il 52,5% dei vigneti di Chianti Classico (7.000 ettari in totale) è certificato bio. Dal questionario è emerso che il 65% delle aziende è in possesso della certificazione, ma la metà di queste avevano già scelto il biologico più di 10 anni fa. Da prima degli anni Duemila, quando le aziende biologiche erano solo il 10%, l’incremento è stato costante e sostanziale. Se si aggiunge a questa percentuale un altro 8% che sta ancora intraprendendo il percorso di conversione, e che otterrà la certificazione entro i prossimi 3 anni, raggiungeremo presto la soglia del 75%, vale a dire 3 aziende su 4. Gli ettari di Chianti Classico certificati bio sono quindi destinati ad aumentare considerevolmente nei prossimi anni. Un’altra tendenza in netta crescita è legata alle le buone pratiche di sostenibilità ambientale. Con 4 aziende su 5, spiega il Consorzio, che mettono in pratica almeno alcune delle pratiche indicate nelle linee guida dell’Oiv, dalla gestione dell’acqua alla riduzione dell’impronta di carbonio nelle fasi produttive. Il ventaglio di azioni suggerite è ampio, e va dalla gestione dei boschi (oltre 30% delle aziende), i veri “polmoni” del Chianti, alle buone pratiche in viticoltura (gestione del suolo per prevenire l’erosione e gestione delle risorse idriche, curate rispettivamente dal 72% e dal 34% delle aziende), al riciclo (produzione di compost 25%, riciclo di vetro e carta 36%) fino all’utilizzo di fonti di energia alternativa, come gli impianti fotovoltaici (27%) e pannelli solari (19%). Una importante introduzione recente è la coltivazione di piante mellifere (12%), per favorire l’insediamento o l’aumento di popolazioni di api, delicato anello di un ecosistema in equilibrio per la loro attività impollinatrice. La conservazione del paesaggio naturalmente passa anche attraverso la preservazione di elementi caratteristici come i muri a secco (la metà delle aziende), i terrazzamenti (il 40% delle aziende) e le famose strade bianche (oltre il 70% delle aziende), segni inconfondibili della campagna toscana per chi fugge dal cemento delle città. Questa attenzione al territorio a tutti i livelli costituisce anche un importante driver per il turismo: 7 turisti su 10 controllano le caratteristiche di sostenibilità del luogo di accoglienza. Insieme alla valorizzazione dei prodotti locali, come il vino e l’olio Chianti Classico, il territorio scommette così sulla propria competitività, di oggi, e soprattutto, di domani.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024