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Il fatturato 2015 del vino tocca i 9,7 miliardi di euro. Merito principalmente delle esportazioni, a quota 5,4 miliardi di euro, ma tornano a crescere ance i consumi interni. A dirlo l’analisi della Coldiretti

Il fatturato del vino e degli spumanti in Italia cresce anche nel 2015, del 3%, e raggiunge il valore record di 9,7 miliardi di euro, grazie soprattutto alle esportazioni, che hanno raggiunto il massimo di sempre, a quota 5,4 miliardi di euro (+5%) mentre, dopo anni, sono risultate in leggera crescita anche le vendite sul mercato nazionale, a 4,4 miliardi di euro, anche grazie alla crescita in gdo (+1,3%). Emerge dall’analisi della Coldiretti, presentata a Vinitaly, di scena a Verona da oggi al 13 aprile (www.vinitaly.com).

Il buono stato di salute del vino italiano traina anche l’occupazione in agricoltura che, in controtendenza, fa registrare un andamento positivo nel 2015. La stessa Coldiretti stima che il comparto vino abbia offerto, durante l’anno, opportunità di lavoro ad 1,2 milioni di persone (+4%) tra quanti sono impegnati direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio e nell’indotto che si sono estese negli ambiti più diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (fecce, vinacce e raspi). La raccolta di un grappolo, infatti, sempre secondo Coldiretti, alimenta opportunità di lavoro in ben 18 settori: agricoltura, industria trasformazione, commercio/ristorazione, vetro per bicchieri e bottiglie, lavorazione del sughero per tappi, trasporti, assicurazioni/credito/finanza, accessori come cavatappi, sciabole e etilometri, vivaismo, imballaggi come etichette e cartoni, ricerca/formazione/divulgazione, enoturismo, cosmetica, benessere/salute con l’enoterapia, editoria, pubblicità, informatica, bioenergie.

L’Italia, con una produzione di vino di 47,4 milioni di ettolitri, ha conquistato il primato mondiale davanti ai cugini francesi dal punto di vista quantitativo mentre da quello qualitativo va segnalato che quasi una bottiglia prodotta su tre (32%) è a denominazione di origine. Nel 2015, rispetto al 2014, le vendite hanno avuto un incremento in valore del +13% negli Usa, mentre nel Regno Unito l’export cresce dell’11%, e la Germania rimane sostanzialmente stabile. In Oriente le esportazioni sono cresciute sia in Giappone sia in Cina, rispettivamente in valore del 2% e del 18%. Negli Stati Uniti sono particolarmente apprezzati il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Pinot Grigio, il Barolo e il Prosecco che piace però molto anche in Germania insieme all’Amarone della Valpolicella e al Collio. Lo spumante è stato il prodotto che ha fatto registrare la migliore performance di crescita all’estero con le esportazioni che, con un aumento del 17%, ha raggiunto il record di 985 milioni di euro. Nella classifica delle bollicine italiane più consumate nel mondo ci sono, nell’ordine, il Prosecco, l’Asti, il Trentodoc e il Franciacorta, che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Per quanto riguarda le destinazioni, la classifica è guidata dal Regno Unito, con circa 250 milioni di euro, e un incremento del 44% sul 2014, ma rilevanti sono anche gli Stati Uniti con circa 200 milioni e un aumento del 26% a valore. Preoccupante è invece il flop registrato in Russia dove le esportazioni di vini e spumanti calano ulteriormente del 31% per effetto delle tensioni politiche e commerciali nonostante il vino non rientri tra i prodotti colpiti dall’embargo.

“Ora la nuova sfida è quella di rafforzare e difendere le posizioni acquisite combattendo la concorrenza sleale forte e agguerrita dei produttori internazionali - chiosa il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, sottolineando che - a preoccupare sono anche i tentativi di minare la distintività delle produzioni come dimostra la recente discussione comunitaria sulla liberalizzazione dei nomi dei vitigni fuori dai luoghi di produzione che consentirebbe anche ai vini stranieri di riportare in etichetta nomi quali Aglianico, Barbera, Brachetto, Cortese, Fiano, Lambrusco, Greco, Nebbiolo, Picolit, Primitivo, Rossese, Sangiovese, Teroldego, Verdicchio, Negroamaro, Falanghina, Vermentino o Vernaccia, solo per fare alcuni esempi”.

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