Tra le Denominazioni “celebrities” del vino italiano, il Franciacorta ha il successo delle star con le quali brinda agli “Emmy Awards” dei quali è “Official Sparkling Wine”. L’eleganza del suo Metodo Classico e la “sartorialità” della sua produzione ricordano quelli dell’alta moda italiana, con la quale sfila in passerella, brindisi ufficiale della Camera Nazionale della Moda. Nei mercati del mondo sfreccia come la “1000 Miglia”, della quale è la bollicina per eccellenza, portando con sé l’“heritage” di una storia leggendaria. Grazie alla sua versatilità e al suo gusto contemporaneo riesce ad esaltare la creatività dei grandi chef stellati incoronati in Franciacorta dalla “Guida Michelin” della quale è “destination partner”. E mentre, da quest’anno “strizza l’occhio” anche ai più giovani, in un’ottica di educazione al vino e alla sostenibilità ambientale, con la nuova partnership con il “Giffoni Film Festival”, il suo distretto ancora una volta “scalda” i motori come una Porsche, il prestigioso marchio automobilistico con il quale collabora da tempo, con il “Festival Franciacorta in Cantina” n. 13. Un Festival pioniere degli “eventi di territorio” del vino italiano, con il quale, con la regia del Consorzio Franciacorta, 65 cantine delle prestigiose bollicine ancora una volta, il 17 e 18 settembre, aprono le porte agli appassionati per raccontare dove e come nasce il Franciacorta e per immergersi nell’atmosfera di uno dei territori del vino più importanti e belli d’Italia, ricco di monasteri, castelli e dimore storiche. Tra di loro, ci sarà anche WineNews, per raccontare la storia di un “outsider” del vino italiano e del suo territorio, guardando al futuro attraverso le “voci” degli artefici del loro successo (il video online nei prossimi giorni).
Quello che oggi il Franciacorta rappresenta, tra i pochi vini italiani che possono vantare anche una “collezione” di partnership d’eccellenza, è la profezia avverata di quanto scriveva il maestro del giornalismo enogastronomico italiano Luigi Veronelli: “questi Franciacorta partecipano per virtù di terra, clima e uomini ad una magica armonizzazione e possiedono, per quanto diversi, secondo Casa e Casa, Cru e Cru, le prime doti di un grande vino: l’individualità e il riconoscimento”. Ma se a metà degli anni Cinquanta non ci fosse stato l’incontro tra Guido Berlucchi, nobiluomo e proprietario terriero, e Franco Ziliani, giovane appassionato enologo, futuro “padre” del Metodo Classico italiano per eccellenza, la Franciacorta non sarebbe mai nata. Una storia, oggi “custodita” e tramandata da Cristina, Arturo e Paolo Ziliani, sulle orme del padre Franco, che ha fatto della Guido Berlucchi una delle griffe più affermate della spumantistica mondiale, e racchiusa nella Cuvée ‘61, dedicata al millesimo dell’annata del primo Franciacorta della storia: il 1961, appunto.
“Il miracolo delle bollicine espresse dal fervore di un celebre vino terso e freddo del Nord si ripete nell’incanto di Franciacorta che aggiunge alla magia della tradizione quella trionfante del sole padano. In quel miracolo si appaga mirabilmente il piacere di vivere secondo uno stile unico”: anche le parole di Gianni Brera, tra i più grandi giornalisti italiani di tutti i tempi, oggi risuonano come una profezia. Cultore di Bellavista, aveva chiaro che per l’amico Vittorio Moretti, tra i “padri” della Franciacorta e fondatore della griffe che ne è simbolo e di Contadi Castaldi, quelle parole volevano dire puntare all’eccellenza, alla ricerca della qualità assoluta e della migliore espressione delle annate, nel Franciacorta che porta il suo nome, in quello dedicato al Teatro alla Scala e in “Meraviglioso”, sintesi delle migliori Riserve, creato con l’enologo Mattia Vezzola, tra i primi a capire insieme a Moretti che la potenzialità delle bollicine della Franciacorta risiedeva anche nell’invecchiamento. Oggi il nuovo corso dell’azienda, vede Francesca Moretti alla guida, e la super-consulenza dello storico (ex) Chef de Cave del mito di Champagne, Dom Perignon, Richard Geoffroy. Tornando qualche passo indietro, come il Franciacorta, anche il suo territorio doveva avere un’immagine altrettanto raffinata, e della quale L’Albereta Relais & Château, a pochi passi da Bellavista, con la Spa di Henri Chenot e il ristorante del maestro della cucina italiana Gualtiero Marchesi, e oggi dello chef Franco Pepe (l’ospite per il Festival sarà, invece, Gennaro Esposito, chef due stelle Michelin del ristorante “Torre del Saracino” di Vico Equense, ndr), ha rappresentato e rappresenta un modello di accoglienza mondiale, portato avanti da Carmen Moretti.
Produzione ed accoglienza ai massimi livelli, ma anche una Fondazione per il territorio, la Fondazione Vittorio e Mariella Moretti, nata nel 2018 per fare del Convento dell’Annunciata a Rovato, antico complesso fondato dall’Ordine dei Servi di Maria nel 1449 sul Monte Orfano, un centro di iniziative volte a promuovere la cultura del territorio. Un complesso di proprietà dei frati e gestito dal Gruppo Terra Moretti che con il Convento ha stretto una lunga amicizia a partire da un vino, bianco fermo da uve Chardonnay in purezza, che ne porta il nome e che viene prodotto da oltre 30 anni da un’antica vigna di 5,45 ettari sulle sue pendici da Bellavista, e per dedicare i proventi della cessione affittuaria ad iniziative che vedono impegnata la comunità religiosa nei Paesi più poveri. Proprio da quest’anno grazie al restauro ad opera del Gruppo Terra Moretti, con le sue 11 celle dei frati e i molteplici spazi di lavoro e meditazione, dall’antica cantina alla Chiesa con il famoso affresco di Girolamo Romanino, dal chiostro con il bellissimo pozzo all’orto ed ai vigneti, dal refettorio alla sala del capitolo, ha aperto le porte anche al turismo, tra percorsi di visita ed accoglienza per chi è in cerca di un “luogo di ritiro dell’anima”, entrando a fare parte di un’offerta territoriale anche oggi improntata a nuovi modelli che ricercano autenticità (anche la colazione è pensata per portare un messaggio di rispetto e dialogo con la natura e con l’uomo, ideata con Slow Food e a base dei Presìdi) e storia, e trovano una delle risposte più avvincenti nello straordinario patrimonio dei beni culturali italiani. Porte che saranno aperte anche per il Festival, alla scoperta della vigna più antica del Franciacorta, soggiornando nelle antiche celle oggi trasformate in “camere con vigna” (aspettando, l’incontro, tra gli altri, il 19 settembre con il teologo e filosofo Vito Mancuso, nel ciclo di iniziative dell’Ordine dei Servi di Maria in collaborazione con la Fondazione).
Da “outsider”, il Franciacorta è stato il primo vino italiano prodotto con il metodo della rifermentazione in bottiglia ad aver ottenuto la Docg, espressione di un territorio piccolo, poco più di 3.000 ettari vitati a Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco ed Erbamat, nel cuore della Lombardia, a due passi da Milano e affacciato sul Lago d’Iseo. 19 Comuni sulle dolci colline bresciane, dove ad averne fatto uno dei casi di successo più particolari del vino italiano è Maurizio Zanella, tra i nomi più noti del vino italiano, e tra i “padri” del Franciacorta e della Franciacorta, di cui la Cuvée Annamaria Clementi è una pietra miliare, che sa come trasformare i sogni in realtà, come ha fatto con Ca’ del Bosco, che, negli anni Novanta, è stata anche tra le prime cantine ad ospitare opere d’arte di grandi artisti, da Arnaldo Pomodoro a Mimmo Paladino, regalando agli amanti di vino un’esperienza che mai si sarebbero aspettati di trovare tra i vigneti. Ma anche griffe come Castello Bonomi, la “dependance” franciacortina della famiglia Paladin, e Tenuta Montenisa, che rappresenta la tradizione spumantistica di Marchesi Antinori, da Lo Sparviere della famiglia Gussalli Beretta dell’antica Fabbrica d’Armi italiana Beretta, a Monte Rossa, tra i brand più affermati grazie alla famiglia Rabotti, da Ricci Curbastro, tra le aziende più innovative e allo stesso tempo custodi della tradizione, ad Uberti, un punto di riferimento per stile e qualità, o Villa Franciacorta, paladina della sostenibilità ambientale, per citarne solo alcune.
La Franciacorta arriva da un 2021 da record sui mercati del mondo che hanno ripreso a correre dopo la pandemia, e dove per la prima volta le vendite hanno superato 20 milioni di bottiglie, con una quota export del 10% e Svizzera, Usa, Giappone, Germania e Belgio mercati principali, con un valore medio a bottiglia salito a 14 euro. Una crescita che continua anche nel 2022, con i volumi a +14% e le vendite addirittura a +45%. Numeri di una Denominazione con il vento in poppa, il cui Consorzio, guidato da Silvano Brescianini, dg della Barone Pizzini, tra le aziende più antiche del territorio, e la prima a produrre vini da viticoltura biologica, guarda al futuro attraverso tre importanti progetti: la biodiversità funzionale, in corso da una decina di anni e che indaga le forme di vita per capire come le loro interazioni possono migliorare la qualità dei suoli e dei vini; l’Erbamat, antico vitigno autoctono che ha le caratteristiche per apportare, nel taglio dei vini, freschezza ed eleganza, in partnership con l’Università di Milano; e soprattutto, come i più grandi territori del vino italiano, la “Zonazione 3.0”, un aggiornamento del lavoro iniziato pionieristicamente negli anni Novanta con l’individuazione delle “unità vocazionali” e che sarà una zonazione con maglie più strette, costruita con i dati sul clima e sulla biodiversità.
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