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MERCATI

Il futuro del Metodo Classico, tra produzione limitata e ricerca di un posizionamento al top 

Dalle tre denominazioni più importanti - Alta Langa, Franciacorta e Trento Doc - escono 37 milioni di bottiglie. L’analisi by Pambianco

Amate dai wine lover, protagoniste assolute di aperitivi raffinati ma ormai sdoganate a tutto pasto, le bollicine del Metodo Classico - con i suoi territori d’elezione, Alta Langa, Franciacorta e Trento Doc - rappresentano  una delle eccellenze dell’enologia made in Italy, sempre più indirizzate verso un posizionamento al top, indispensabile se si considera la produzione limitata, pari a 37 milioni di bottiglie nelle tre principali denominazioni. L’ export è poco oltre il 10%, ma il fattore crescita resta un punto fermo (nel 2018 sono state prodotte 28,4 milioni di bottiglie). La Franciacorta è il top player, con oltre 20 milioni di bottiglie prodotte, mentre Ferrari è l’unica azienda che registra un fatturato di oltre 100 milioni di euro. Sono questi i dati che emergono dall’analisi di Studio Pambianco.
I numeri del Metodo Classico rimangono infinitesimali se confrontati con quel category killer che è lo Champagne: se si considera che, nel 2022, in Francia sono state prodotte 326 milioni di bottiglie, alle quali si aggiungono anche quelle dei non concorrenti Prosecco (635 milioni) e Asti Docg (103 milioni), la produzione del Metodo Classico italiano diventa quasi marginale. Ora però, con l’arrivo di Richard Geoffry da Bellavista e di Cyril Brun da Ferrari, c’è la percezione che un nuovo passo sia stato compiuto, in quanto attrarre rispettivamente l’artefice dell’ultimo trentennio di Dom Perignon e l’autore del rilancio di Charles Heidsieck significa aver ridotto la distanza dai maestri d’Oltralpe. Ecco, quindi, che sono sempre di più le realtà che decidono di affrontare la sfida del Metodo Classico.
In Piemonte, per esempio, i produttori del Consorzio Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani vorrebbero creare una denominazione di Metodo Classico a base Nebbiolo, mentre un po’ più su, in Alta Langa, entro il 2025 la superficie destinata alla Docg aumenterà di 220 ettari, arrivando a 598 ettari totali.
La comparazione con lo Champagne riguarda necessariamente i prezzi, oltre che il mercato, considerando che la quota export del Metodo Classico è poco oltre il 10%. Detto questo, e guardando all’ultimo quinquennio, il fattore crescita resta comunque un punto fermo, considerato come le 28,4 milioni di bottiglie del 2018 sono diventate le già citate 37 milioni. Un percorso guidato dalle tre denominazioni più importanti, dove la Franciacorta è il top player con oltre 20 milioni di bottiglie, stabile sul 2020 ma a +15,4% sul 2018.  A seguirla c’è il Trento Doc, con 13 milioni di bottiglie, a +8% sui 12 mesi precedenti e +35% rispetto a cinque anni fa. Per ultima arriva l’Alta Langa che, oltre a essere la denominazione più giovane, (la Doc è del 2002 e la Docg del 2011) è anche la più piccola. Nel 2022 non si è andati oltre le 3 milioni di bottiglie, che sono le stesse dell’anno prima, ma rappresentano il +131% sul 2018.
Per fatturato solo Ferrari (Trento Doc) è oltre i 100 milioni, ma Cà del Bosco (con 49,4 milioni di euro) e Bellavista (37,6 milioni di euro), entrambe in Franciacorta, sono competitive. Enrico Serafino e Contratto, brand dell’Alta Langa, rappresentano ancora realtà di nicchia.

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