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IL “GASTRONAUTA” DAVIDE PAOLINI LANCIA DA VERONA (AGRIFOOD, DAL 3 AL 6 MARZO) LA PROPOSTA DI “FAST GOOD” ALL’ITALIANA

Scenario contemporaneo del Belpaese: da una parte la riscoperta della tradizione, la voglia di mangiare bene e sano, l’esaltazione dei prodotti tipici e dei giacimenti enogastronomici, la tv invasa da cuochi e nutrizionisti. Dall’altra sempre meno tempo per cucinare, sempre più pasti al bar e al fast food, sempre più frequente uso di surgelati e microonde.

“Gli italiani - afferma Davide Paolini, giornalista e “gastronauta” per il Sole-24 Ore - prestano un attenzione crescente ai sapori della tradizione, ma nello stesso tempo la maggior parte delle persone a mezzogiorno hanno pochi minuti per mangiare fuori, magari al bar o al self service, dove certo è difficile trovare una buona cucina. Se un tempo per fare alla svelta si mangiavano soprattutto hamburger, patatine o panini, oggi trionfano i piatti pronti surgelati da scaldare al volo, da scegliere magari su un tabellone in foto. Anche se apparentemente in linea con la nostra tradizione gastronomica, sono solo imitazioni scadenti. E’ come paragonare un’opera d’arte e la sua riproduzione in poster”.

Quale allora la soluzione per coniugare gusto e velocità? La proposta di Paolini, che verrà presentata ad Agrifood (il salone del “made in Italy”, in programma a Verona dal 3 al 6 marzo), si chiama “Piatto unico fast good”: ovvero un piatto facile e rapido, da realizzare rigorosamente con i prodotti tipici della nostra agricoltura.

A cucinarlo ci proveranno quattro chef, che dovranno utilizzare solo gli ingredienti esposti ad Agrifood. Un esempio perfetto? “Gli spaghetti al pomodoro - spiega Paolini - Bastano pasta, pelati, olio e basilico, una ricetta semplicissima e veloce, ma che richiede ingredienti di primissima qualità. La mia speranza - conclude Paolini - è che la gente abbia voglia di replicare questi piatti a casa, e che si diffonda la moda di mangiare a mezzogiorno il piatto da degustazione”. Che di interessante ha anche un’altra caratteristica: deve costare meno di dieci euro. Perché caro non fa rima necessariamente con buono.

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