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Il Giornale

Zorzettig allunga la vita del suo Friulano ... Nel cuore dei Colli Orientali del Friuli, terra di grandi bianchi, si trova l’azienda Zorzettig, che ha sede sopra uno dei colli più alti, quello di Spessa nel territorio di Cividale del Friuli. Qui il terroir, che si avvantaggia dello scudo che le Alpi fanno nei confronti dei venti freddi del Nord e della vicinanza con le correnti miti dell’Adriatico e che si bea anche dell’esposizione a Sud e Sud-Est, favorisce i vitigni autoctoni come la Ribolla Gialla, il Friulano, il Picolit e il rosso Pignolo. Ma l’azienda guidata con piglio e un po’ di sentimento da Annalisa ha terre anche sui colli di Novacuzzo a Prepotto, zona di rossi, dove però oltre allo Schioppettino e al Refosco dal Peduncolo Rosso trovano dimora antiche piante di Friulano risalenti addirittura agli anni. Trenta del secolo scorso; e sul colle di Ipplis, nella zona di Premariacco, dove si trovano antichi ceppi di Malvasia e dove trova il suo terreno ideale il Sauvignon. Qui si trova anche il “relais” per l’accoglienza degli ospiti e degli amici. Nel corso di un recente pranzo all’Arengario, il ristorante con vista Duomo del gruppo Giacomo, ho avuto la possibilità di assaggiare differenti annate del Friulano, che è il vero vanto aziendale: siamo partiti dal 2012 e siamo planati sull’ultimo uscito 2021 passando per il 2014, per il 2017 e per il 2020. Un piccolo viaggio nel tempo che dà un senso alla scelta recentemente fatta da Zorzettig, nel nuovo corso seguito alla pandemia e alla scomparsa del cavalier Giuseppe Zorzettig, l’uomo che ha fatto grandi l’azienda e tutto il territorio dei Colli Orientali del Friuli: quella di allungare i tempi di affinamento dei vini bianchi della linea Myò, quella dei vigneti di Spessa che comprende oltre al Friulano anche Pinot Bianco, Malvasia, Ribolla e Sauvignon. Due anni invece che uno, ciò che consegna al mercato vini più evoluti, adulti e destinati anche in fase di maturazione a una parabola più dolce e lunga. Un’operazione in cui un ruoko importante hanno avuto l’agronomo Antonio Noacco, che ha censito la biodiversità nel vigneto favorendo il miglioramento della qualità delle uve; e l’enologo Saverio Di Giacomo, che si è occupato di valorizzare una materia prima più nobile in cantina.

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