Il Giornale

Una capitale al tramonto. Per Torino è la fine di un’epoca ma la città non ha l’ancora capito ... Hanno assistito senza batter ciglio al progressivo decremento della popolazione, che già nel Novanta era scesa a un milione di persone, quando quindici anni prima, al tempo della massima espansione della Fiat, ammontava a un milione e duentomila.Era un campanello d’allarme, ma squillò invano ed oggi Torino conta meno di novecentomila abitanti, più di un terzo dei quali ha superato la soglia dei sessant’anni. Questa città che si spopola e invecchia deve ora vedersela con la fine di un mito che aveva fatto da mastice, da propulsore e, quando serviva, da calmiere; che le aveva dato, assieme all’impronta culturale e sociale, un precisa identità.
Chiedere a chi governa o vorrà governare la città quale futuro si prospetta è tempo sprecato. Non lo sanno. Non lo sanno perché non si sono mai posti il problema. Non lo sanno perché il futuro della città ci pensava sempre qualcun “altro”.
Ora è in affanno, il sindaco Chiamparino lancia l’idea di Torino “capitale del gusto”, con tanto di università del gusto, salone del gusto e museo del gusto. Illudendosi che le tome, la bagna cauda, i tartufi, la finanziaria e il bonnet possano essere l’alternativa alla Fiat. Ripone fiducia nel lancio planetario della città grazie alle Olimpiadi invernali, così come credeva che le luminarie di Natale – qui chiamate “Luci d’artista” attirassero centinaia di migliaia di turisti provenienti dai quattro angoli d’Italia e del mondo. Insomma, non ci sono idee, non ci sono progetti. E’ come se lo sgomento per il modo in cui si stanno mettendo le cose dalle parti di Mirafiori e dintorni avesse messo kappao l’intera classe amministrativa torinese ... (arretrato de "Il Giornale" del ottobre 2002)