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Il Giornale

I vini bio sono finalmente buoni. Sempre più vincenti gli artigiani che rifiutano la chimica in vigna … “Non è buono, è sano”, così nel film inglese About a boy un ragazzino liquida, parlando al belloccio Hugh Grant, il pane tutto biologico fatto da sua mamma. E più o meno, fino a qualche anno fa, era questo il primo sentimento che si provava entrando nel pianeta cibi e vino bio. L’alimentazione normale e quella biologica hanno avuto a lungo tempo strade parallele frequentare da consumatori ben divisi ma che ora scoprono quanto possa essere gustoso e divertente incontrarsi e lasciarsi tentare dalla bio-qualità. Cosa è successo? In generale c’è più informazione, ci sono più controlli nella filiera del bio e così ci si fida di più, c’è la benedetta curiosità di assaggiare qualcosa di diverso dal solito e, infine, parecchi di questi prodotti hanno acquisito una maggiore piacevolezza., Prendiamo i vini. Se da un lato sono sempre più numerose le aziende classiche che praticano una drastica riduzione della chimica nella cura dei vigneti, dall’altro le cantine biologiche sono uscite dalla nicchia in cui erano emarginate e si sono presentate sul mercato forti e battagliere, pronte a confrontarsi con le colleghe “tradizionali”. E la gente, risponde, cerca, chiede, desiderosa com’è di trovare e provare prodotti che siano buoni, saporiti e anche sani.
Antonio Attorre e Pierpaolo Restelli nella loro guida ai Vini bio d’Italia, la bibbia del settore, edita da Tecniche Nuove, 02/39090319, evidenziano come nel nostro Paese le aziende bio stiano crescendo per numeri e qualità. Come ogni guida che si rispetti, anche nella loro Attorre e Restelli eleggono i migliori vini dell’anno e se fra i bianchi eccelle il Verdicchio di Matelica Collestefano, l’Amaranto della Casina di Cornia stravince tra i rossi. Convinti che sia meglio agire in gruppo che soli, i vignaioli biologici si consorziano come hanno fatto i Trimillii, da Tremilius il primo viticoltore storicamente esistito, www.tremillii.it, nove produttori piemontesi e toscani, fra cui proprio la Casina di Cornia che condividono il rispetto e l’amore per la terra che li e ci ospita. Stessi sentimenti animano i fondatori di Vini Veri il cui credo è “assistere la natura non guidarla”. Sono quattro, Angiolino Maule, Stanislao Radikon, Fabrizio Nicolaini e Giampiero Bea. Qualcuno di loro ha il viso bruciato dal sole e mani che raccontano più delle parole, ma tutti si emozionano e si infervorano quando parlano del come sia possibile lavorare la terra e ottenere ottimi risultati senza l’utilizzo di prodotti sintetici e di quanto questo sistema produttivo sarebbe un toccasana per tutti.
Alla base della loro filosofia di pensiero e di lavoro si cono le idee di Nicolas Joly, francese, padre della Rinascita delle denominazioni controllate e della Carta di Qualità, nonché produttore nella Loira, dove il terreno, il terrori, in cui affondano le radici delle viti, deve essere vino, non intossicato da prodotti chimici che servono solo per mantenere in vita un organismo ormai morente: “Quando un’agricoltura sana, biologica o biodinamica, ha ben permesso al terrori di esprimersi, la tecnologia in cantina diventa inutile. Il vino mantiene il suo gusto d’origine e la sua capacità di invecchiamento con una trasparenza totale per il consumatore”. Non ci sono solo vignaioli fra i sostenitori di Joly, c’è anche chi, come Luca Gargano, proprietario della Velier, che i vini li vende, che a un certo punto della sua vita ha deciso di cambiare rotta, dando così origine al manifesto delle Triple A. Sono le A di: agricoltori, artigiani, artisti, con un decalogo di produzione e di comportamento a cui far riferimento nel pieno rispetto dell’ambiente naturale dove operano. Per una scelta personale e corretta dello stesso Gargano non fanno parte del progetto produttori italiani che invece possono rimpolpare le file dell’associazione Vini Veri.
A questi ragazzi vi riconosciuto il merito di avere organizzato una straordinaria iniziativa dove sarà possibile incontrare i produttori e degustare i vini di buona parte delle Triple A e delle 12 cantine italiane che hanno bio-moschettieri. L’appuntamento è per il 4 e 5 aprile a Villa Favorita in località Ponticello di Fara a Sarego (Vicenza), ventina di km da Verona, per informazioni 0481/32804 e 0444/444244. In totale saranno 70 le aziende presenti in buona compagnia delle carni stagionate di Paolo Parisi, dei formaggi di Hansi Baumgartner, dei coccolatosi Domori e delle belle parole di Sandro Sangiorgi. Peccato non andare.
Verona, questa volta in posizione più centrale rispetto al Vinitaly, ospiterà il 3 e 4 aprile anche il Critical Wine/Terra e libertà con Luigi Veronelli nel centro sociale La Chimica, dove saranno in degustazione, fra gli altri, i vini dell’azienda biologica Aurora di Affida (Ascoli). Nata nel 1980 dal desiderio di alcuni amici di organizzarsi la vita e il lavoro secondo il ritmo e le regole imposti dalla natura, nel tempo è diventata, un felice esempio di bio-imprenditoria. Per i ragazzi dell’Aurora sono un ricordo le fatiche per spiegare, e quasi giustificare, i loro metodi di coltivazione, la scelta di una sana alternativa e tutti quei sistemi, abitualmente impiegati in agricoltura ma altamente inquinanti. Ora gli sforzi sono stati ripagati, per la prima volta nella storia vinicola della Marche, quest’anno un vino biologico, il loro Barricadero, un rosso a base di uve Montepulciano, ha ricevuto i Tre Bicchieri del gambero Rosso. Un successo che per qualche momento li ha distratti dall’attività che preferiscono: andare in vigna.

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