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Il Giornale

Crotone, le golosità di Calabria ... Una regione ricca di tante specialità e ottimi prodotti, che però i golosi devono ancora scoprire in tutta la loro bontà. Sullo Ionio è tutto un fiorire di azioni legate al vino, all’olio e a una cucina che cerca nuovi equilibri... Scontato, di questi tempi, dare addosso ai calabresi. Ma a limitarsi al marcio che sale dalla cronaca si rischia di far passare sotto silenzio, con omertà non diversa da quella che si condanna, tante persone che da tempo si sbattono a trasmettere esempi positivi. Nel Crotonese, sul versante ionico, il riscatto è assicurato dal fare illuminato di tanti produttori, vignaioli e ristoratori abili a rintronare di schiaffi soprattutto stereotipi e malcostumi assistenzialisti.
Per far salire da subito i sussulti di gola, occorre puntare assolutamente su contrada Dattilo, due chilometri nel lucente entroterra di Marina di Strongoli popolato da ulivi, colli aridi della fascia pre-Silana e poiane svolazzanti e base della Dattilo di Roberto Ceraudo, un marziano di origini arbëreshë, etnia albanese radicata in Calabria da secoli e già nota per i bei racconti del conterraneo Carmine Abbate.
Nullatenente alla fine degli anni Settanta, Ceraudo si indebitò fino a diventare proprietario di un silenzioso agriturismo abbracciato da un feudo di 60 ettari, metà a vigneti e metà a ulivi, che poi è il terreno da cui germoglia un tris nei paraggi inarrivato: piacevolissimi vini biologici, un extravergine da oliva tonda di Strongoli che è un trionfo di fruttato e, soprattutto, un ristorante di cucina creativa, tra volte in pietra, allestito con senso di sfida. “Che vva facenno?”, trasecolano i crotonesi che, una volta a tavola, aspettandosi magari raffiche di antipasti sottolio e salumi piccanti o i classici Cavatelli alla cirotana della succulenta tradizione locale, si vedono arrivare Spada affumicato allo zenzero con cipolla rossa, salsa di yogurt speziato e dadolata di pomodori.
O Tris di mare al cucchiaio in cui il baccalà flirta con l’anguria, matrimonio dello chef lucano Francesco Rizzuti.
A questo aggiungi tutte le tipicità del circondario, carne solo argentina (“in Italia lo stato brado degli animali è una boiata pazzesca”, sbotta Ceraudo, per anni allevatore lui stesso), due sorsi di gaglioppo in purezza Grayasusi etichetta argento, uno dei pochissimi rosati d’Italia a fare legno, sereno ed equilibrato come un circense sulla fune, e dimmi cosa pretendere di più. Forse due scaglie di quel pecorino crotonese stagionato che diversi micro-produttori si sono rimessi a fare, col sostegno dell’ente Galkroton, dopo decenni di oblio.
Oppure i derivati da maiale nero di Calabria, specie rara da poco investita da un importante progetto di recupero e da cui prendono forma capicollo, lardo, pancetta, salsicce e soppressate da azzannare con ferocia ancestrale. Quanto ai vignaiuoli, dopo anni di sprechi e condotte autolesioniste, il senno sembra essersi rimpossessato di alcuni imprenditori del vino che lottano per portare la Calabria al posto che le competerebbe, cioè almeno al livello della vicina Basilicata e invece la regione punta dello Stivale sta in coda anche alla voce premi e riconoscimenti enoici.
Ceraudo a parte, è lodevole il progetto del sindaco di Melissa Giuseppe Bonessi, altro spirito illuminato, che ha rilevato con una cooperativa l’ex struttura della Cantina sociale del Cirò e del Melissa. Cantina della quale si possono assaggiare i piacevoli autoctoni bianchi, rossi, rosati Doc Cirò e Melissa, magari nella bella torre aragonese che sovrasta il borgo marittimo. E da pochissimo anche il Fragalà Rosso, un morbido gaglioppo-magliocco-cabernet- syrah ancora giovane ma promettente in prospettiva. Una bella azienda da appuntarsi sul taccuino è la piccola Pizzuta del Principe di Albino Bianchi, saggio ex farmacista che a Strongoli imbottiglia da appena 7 ettari vitati due rossi e due bianchi, tra cui colpisce il Tesauro, rosso a prevalenza greco nero, splendido autoctono dai confini tutti da esplorare, qui manipolato pochissimo e veloce a stregare il palato con una bella liquirizia.
Dall’altro capo, per dimensioni, sta infine la Librandi di Cirò, enologo Donato Lanati: primi a introdurre lo chardonnay negli anni Ottanta, non cessano di precorrere i tempi, dall’alto dei loro attuali 132 ettari a vigneto. Dall’ eno-flotta, scegliete e gustate a occhi chiusi il Magno Megonio, magliocco in purezza speziato da 16 mesi in barrique. E soprattutto, se vi riesce, date un’occhiata al vigneto sperimentale a spirale di Rosaneti, dimora di 189 (!) varietà, di cui 75 uniche al mondo.

I posti giusti ... Il meglio... Dattilo in contrada Dattilo a Strongoli, 0962.865613, dattilo.it. Per il pecorino crotonese, Galkroton, galkroton.it, oppure agriturismo Serra Grande a Caccuri, 0984.998442. Info sul maiale nero: nerodicalabria.it, 0962.26192. Cibi e vini alla Torre aragonese di Melissa, 0962. 865386. Cantine Riunite di Cirò e Melissa a Melissa, cantineciromelissa.it, 0962.865857. Vini Pizzuta del Principe di Albino Bianchi, 348.2260328. Azienda Librandi in contrada San Gennaro a Cirò Marina, librandi.it.

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