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Il Giornale

Il Tocai diventa un vino senza nome ... Entra in vigore la norma Ue che impedisce al Friuli di chiamare così il suo prodotto. Viticoltori in rivolta. I produttori avevano deciso di usare il nome “Friulano”, ma il Tar li ha bocciati due volte... Qualcosa di inutile, come innaffiare in un giorno di pioggia. Di più: una decisione stupida, da dittatore dello stato di Bananas, analoga a stabilire che d’ora in poi - ope legis - di giorno farà buio. E di peggio: un gesto crudele quanto strappare le ali a una farfalla. Comunque lo si voglia rigirare, il fatto che da ieri ai viticoltori friulani sarà vietato chiamare con il legittimo nome l’indiscusso sovrano dei loro “bianchi” - il Tocai - cedendone il privilegio all’omofono ma risibile Tokaj ungherese, è qualcosa che fa ribollire nelle vene il sangue dei giusti (i non astemi) ben più di quanto non faccia il mosto nei tini. La bella pensata risale al ‘93, nell’ambito di “accordi” Ue tra Italia e Ungheria. Accordi che a dispetto della semantica non hanno prodotto nulla di armonico. Fatto sta che oggi dal Friuli, terra di gente che al massimo borbotta o impreca sottovoce, ma continuando a lavorare,giungono voci amareggiate. Perché qui il tai, o taiut (taglio o taglietto), ovvero il calice di bianco, è ben più dell’aperitivo.
Ci fu chi disse che “è qualcosa di sacro, perché celebra il rito dell’amicizia”. E per i friulani, per di più, Tocai e tai sono sempre stati sinonimi. Lorenzo Pelizzo, presidente della Società Filologica, la principale istituzione culturale, parla di una “pesante sconfitta, come quella di un uomo costretto a rinunciare da un giorno all’altro al proprio nome “. E ricorda che anni fa la Filologica aveva proposto di battezzare il Tocai in lingua: “Blanc Furlan, qualcosa di riconoscibile in tutto il mondo, dove ci sono i nostri emigrati “. La denominazione “Friulano “, in italiano, che pare a tutt’oggi la soluzione verso la quale si sta scivolando, almeno per inerzia, risulta invece sgradita a molti. Di sicuro lo è per Luigi Soini, direttore della Cantina produttori di Cormons (Go), per il quale “Il nome Tocai non ha prezzo “.E lo è anche per una donna simbolo del Friuli come Giannola Nonino, grappaiola di Percoto (Ud). “Il nome Friulano non mi piace- sbotta-. È generico e all’estero lo rifiuteranno. Sarebbe stato meglio Tai; un omaggio alla nostra cultura e per il resto del mondo un nome facilmente pronunciabile.
Fu comunque vergognoso il comportamento dei nostri politici nel ‘93, incapaci di imporre un nome che fa parte della nostra storia”. Peri produttori, l’attuale incertezza si traduce anche in quello che Elisabetta Colutta, contitolare con il papà Giampaolo dell’omonima azienda di Manzano (Ud), definisce “una tragedia dal punto di vista pratico. Basti pensare - spiega - al banale problema delle etichette. Il 2007 è in cantina, ma come lo chiameremo? “. Annalisa Zorzettig, vignaiola a Spessa di Cividale (Ud) ricorda con particolare affetto l’idea avuta nel 2004 da suo fratello Roberto, poco prima di morire: registrare il nome Iacot, ovvero Tocai all’incontrario, con il risultato di una parola dal suono per di più friulano. “Piccoli numeri, per due anni. Ora, prima di cambiare nome l’avevamo battezzato L’Ultim, 2.500 bottiglie per i clienti più affezionati. Ma una volta girata la voce… è stata una pioggia di ordini. E il ricavato andrà all’Associazione oncologica italiana, sede di Padova, presso l’ospedale Busonera “. Emanuele Scarello, infine, chef emergente titolare del ristorante Agli Amici di Godia (Ud), una stella Michelin e vicepresidente dell’Associazione giovani cuochi, sdrammatizza. “Certo, il Tocai è la storia del Friuli. Ma penso che al di là del nome l’importante sarà sempre quello che troveremo nel bicchiere. Con la speranza che sia fatto sempre meglio”.

+20% le vendite di Tocai nell’ultimo anno
+10% le esportazioni verso i paesi Ue nel 2006
13,5 la gradazione media del Tocai

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