02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Giornale

Dna. Una banca genetica per conservare il made in Italy ... Ilgenoma dei prodotti tipici nostrani viene studiato
e archiviato: così la scienza lo tutela per il futuro... È una banca, ma sembra la cucina di una vecchia casa di campagna. Un archivio di geni creato dagli scienziati per conservare sapori e odori delle terre d’Italia. C’è il Dna del pomodorino del Vesuvio e del suo collega San Marzano, ci sono i segreti genetici della corvina, il vitigno da cui si ricava l’amarone. Prodotti tipici da proteggere, anche per il futuro: e allora meglio portarsi avanti e sfruttare le biotecnologie per carpire i segreti di semi che, una volta piantati, diventano cibi prelibati, di quelli che tutto il mondo ci invidia. Non sia mai che, fra qualche anno, assaggiarli diventi un’esclusiva o che, in qualche modo, la loro natura preziosa si disperda.
Così gli esperti di genetica e biotecnologie hanno iniziato a esplorare il mondo dei campi. Un terreno potenzialmente enorme:
tanto che, per fare il punto dei lavori, gli studiosi si sono ritrovati a Roma, all’Accademia dei Lincei, in un convegno dedicato alla “piattaforma tecnologica nazionale per le piante del futuro”. Un’arca di Noè del XXI secolo, che raccoglie semi e ed eliche di Dna. Per un futuro assicurato, almeno a tavola. In laboratorio sono subito entrati i pomodori della Campania: quello di Sorrento rosa, il San Marzano allungato, il vesuviano più piccolo e rosso fuoco. Di loro si occupa GenoPom, istituto dove si studiano le varietà locali dei pomodori con gli strumenti della genomica. “Stiamo cercando di associare geni e proteine a specifici sapori, odori e colori dei pomodori tipici del Centro Sud” ha spiegato Stefania Grillo dell’Istituto di genetica vegetale del Cnr di Portici, vicino a Napoli. Lo stesso gruppo di scienziati, coordinato da Luigi Frusciante dell’università
Federico II, partecipa anche al progetto internazionale per la mappatura genetica del pomodoro: il loro impegno è quello di sequenziare i geni dell’ultimo cromosoma del vegetale,
il dodicesimo. La strada è ancora lunga, per ora è stata tracciata poco meno di metà
della mappa e, per completarla, ci vorranno almeno altri due anni. Tanta pazienza e tanta fatica puntano a salvaguardare la qualità e la tradizione e, contemporaneamente, ad assicurare gli strumenti
per aumentare la produzione e rendere le piante più resistenti alle malattie, riducendo così il ricorso ai pesticidi.
E lo stesso obiettivo dei ricercatori del Nord Est dove,
fra Verona e Udine, si studiano i geni che rendono unici il tocai, il pinot nero e la corvina, da cui si ricava
l’amarone. Il lavoro è lungo:
il Dna
della
vite è
Composto
da circa trentamila
geni e, fra
questi, vanno
individuati quelli
con il ruolo chiave nella maturazione dell’uva e nella definizio e del sapore. L’intenzione
è di ampliare il più possibile
l’archivio genetico dei vitigni, fino a raccogliere i più
tipici della penisola.
Come per vini, anche tra
frutta e verdura i candidati
per un posto fra gli scaffali
di questa biblioteca dei sapori d’Italia sono numerosi:
i limoni della Costiera, con
la buccia spessa e il profumo intenso, le arance siciliane, le olive taggiasche, le
nocciole delle Langhe. Gli
amanti del pesto pensano
subito ai geni preziosi del
basilico ligure e dei pinoli
pisani, i patiti di legumi alle lenticchie di Castelluccio. Ognuno può sbirciare nell’orto di casa o fra le ricette della mamma per gli ingredienti a cui tiene di più. In prima fila, comunque, ci sono le cipolle di Tropea: gli scienziati si sono già preoccupati di mappare il Dna della cipolla per scovare il gene responsabile della sua capacità di far lacrimare. Il prossimo passo potrebbe essere rubare il segreto delle famose rosse.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su