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Il Giornale

Il bluff dei mercati contadini: costano più dei supermercati ... Che strano. Proprio alla Coldiretti, alla gloriosa Federazione dei Coltivatori Diretti, non sanno che “contadino, scarpe grosse e cervello fino”. Una lacuna costata cara perché il primo “Farmers market” metropolitano, annunciato in pompa magna assicurando che causa “filiera corta” - ovvero pochi o nessun intermediario commerciale tra il campo e il banco di vendita - lì si risparmiava, s’è rivelato una bufala. Gli avventori vi hanno trovato, infatti, merce così così a prezzi decisamente superiori a quelli praticati nei supermercati.

E questo perché il contadino (farmer, per la Coldiretti) mica è fesso: se con “filiera lunga” vendeva al grossista a 100 ciò che al consumatore costava poi 500, con “filiera corta” ha pensato fosse giusto e, perché no, conveniente, vendere direttamente a 500. Anzi, visto che c’era, a 590. In quanto alla qualità, bè, siccome il luogo comune vuole che tutto ciò che è “naturale “ sia anche bacato, ammaccato, rachitico, sbocconcellato dagli insetti e pullulante di bruchi, i cervelli fini si sono adeguati: vendendo i prodotti in buone condizioni al grossista e gli scarti ai clienti del “Farmers Market”. Se la gentile clientela del “Farmers Market” fosse stata quella devota ai lardi di Colonnata dello Slow Food, quella che se non è bio meglio morire di fame, quella che delira per i prodotti “equi e solidali” e che s’appresta a vivere con l'intensità dovuta l'annuale kermesse di Terra Madre, i contadini (e la Coldiretti) l'avrebbero fatta franca. Perché sono consumatori che non badano a spese (per due fettine di Violino di capra della Val Chiavenna sono pronti a svenarsi) e all’aspetto del prodotto, che anzi più è malconcio, non identificabile causa muffe e guasti vari, meglio è. Invece, ad occhieggiare sui banchi del “Farmers Market” c’è andato il consumatore non culturalmente e gastronomicamente educato dai maestri del Gambero Rosso, ovvero uno che non si è fatto intortare dalle favole sulla biodiversità, dalle “ricadute sul territorio”, dalla “globalizzazione delle nicchie “, dalla “tipicità dello specifico” e balle del genere.

“Qui non si combatte il caro prezzi: le melanzane sono brutte e vecchie e vengono due euro al chilo” ha criticato una avventrice che forse non sa cosa siano le filiere, ma sa bene che alla Esselunga le melanzane - non brutte e tanto meno vecchie - “vengono” 99 centesimi al chilo. Il fallito esperimento dovrebbe ora indurre la Coldiretti, che ha molta mano in pasta, a cercare altre vie per calmierare i prezzi dei prodotti alimentari. Perché i teatrini agresti con tanto di simpatico contadino che fazzolettone al collo smercia i prodotti del suo orto sono solo fumo politicamente corretto negli occhi. E suonano, alla fin della fiera, come uno sberleffo rivolto al consumatore al quale dare da bere che recandosi al “Farmers Market” magari spende di più, però lo spende in un posto dove, cito: “fare la spesa non è più solo un atto funzionale ed alienante, ma un tempo riconquistato al piacere e alla socialità”. Peccato che con quelle chance lì non ci si riempie la pancia.
(Arretrato de Il Giornale del 18 settembre 2008)

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