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Il Giornale

Frescobaldi decolla verso il mondo ... Tiziana: “Fiumicino è una scommessa vincente: buon cibo, ottimi vini e tre milioni di nuovi clienti... Dopo sette secoli tra le vigne e in cantina, la famiglia di marchesi di Firenze investe nei wine-bar degli aeroporti... Frescobaldi è sinonimo
di vino, vino toscano, e
stop o quasi. Lo è stato per
sette secoli, perché i vari Vittorio,
Ferdinando, Leonardo,
Lamberto e le varie Bona,
Diana e Tiziana, a parte
acquisire in Friuli la Attems
per esaltarne i bianchi, storica
nota dolente delle vigne toscane,
si stanno sempre più
impegnando nella ristorazione.
In giorni che vedono i valori
economici sciogliersi come
ghiaccio al sole, rincuora sentire
Tiziana Frescobaldi, responsabile
della comunicazione
del gruppo, annunciare
come un gruppo che nel
2007 ha fatturato 67,9 milioni
di euro, dei quali sei dai
wine-bar, contare di aprirne
una decina nei prossimi quattro
anni per arrivare nel
2012 a fatturare tre volte tanto:
18 milioni.
Marchesi “contro”: se l’altra
grande famiglia del vino
di questa regione, quella degli
Antinori, si è sparsa per il
mondo, quella dei Frescobaldi
è rimasta con le vigne nel
granducato, salvo sposare
una politica diversa una volta
passata dalla cantina, sito
frescobaldi.it, alla cucina, sito
frescobaldiwinebar.it. Eccezion
fatta per l’unico ristorante,
un omaggio alla città
natale, a Firenze, con un locale
di tradizione (wine-bar
munito però perché il tempo
procede e il mondo cambia
per tutti) aperto nel 2002 in
via dei Magazzini 2-4/R, telefono
055.284724, tutti gli altri
sono wine-bar e tutti a Roma,
ma non la Roma che si
intende comunemente, bensì
l’aeroporto di Fiumicino.
Ed è evidente, e anche importante,
il messaggio lanciato
fin dal sito perché alla voce
dove siamo di Firenze appare
lo spicchio vicino Piazza
della Signoria (“Ristorante e
wine bar nel cuore del centro
storico di Firenze” vi si legge)
e di Roma certo non il Colosseo
o piazza Navona, bensì
il Leonardo da Vinci, “uno
spuntino vinoso prima di
prendere il volo”. Così da un
lato si vuole far vedere dove
affondano e si nutrono le radici
e dall’altra far capire
che lo sguardo spazia sul
mondo intero perché dopo
aver mangiato un buon boccone
e bevuto ancora meglio
si può acquistare la bottiglia
(o il cartone) e portarsela primaa
bordo e poi a destinazione.
Tutte ebbe inizio a fine XX˚
secolo, nel ’99 con l’apertura
del winebar al molo A, quello
dei voli nazionali. Ricorda Tiziana
Frescobaldi: “La decisione
venne presa dopo la privatizzazione
degli scali della
capitale. La gestione fu affidata
ad Anacleto Bleve, titolare
dell’enoteca Casa Bleve
in città. Non volevano facce
anonime, è un investimento
diretto nostro”. Fu unsuccesso
“perché ottenemmo di
aprire vicino ai cancelli delle
partenze per Milano, i più frequentati
(l’A8 per l’esattezza,
ndr). Teniamo pure conto
che allora le compagnie iniziavano
a offrire sempre bene
bevande a bordo e allora
tanti presero a gustare cose
buone a terra prima di imbarcarsi
”.
Nel tempo sarebbero seguiti
il punto nel molo internazionale
extra accordi di
Schengen e ora quello internazionale
legato all’area di
Schengen: “Sta andando benissimo
perché in Europa tutti
apprezzano il vino e certi
prodotti particolari comepossono
essere i salumi, mentre
sulle rotte più lunghe è facile
imbattersi in viaggiatori con
vincoli religiosi”.
L’ultimo nato, presentatao
a inizio mese, è frutto di quello
che oggi si definisce un concept,
in soldoni un progetto
architettonico e di proposte
enogastronomiche che richiamassero
la toscanità che
per tanti nel mondo è sinonimo
di italianità. Ha detto ancora
la Frescobaldi: “Cerchiamo
partner affidabili e
sviluppiamo momenti caratterizzati
da uno stile ben riconoscibile,
quale che sia l’aeroporto
che lo accoglie. L’ultimo
è anche il primo nel nuovo
segno, gli altri li rifaremo
pian piano e i nuovi saranno
subito tali. Indagini di mercato
hanno evidenziato come
chi passa per un terminal è
propenso a spendere e cerca
due cose su tutte: i cosmetici
- un boom per quelli maschili
- e il wine & food di qualità”.
Matra i pregi di avere delle
enoiteche di valore non c’è
solo il successo economico:
“Per noi che siamo prima di
tutto dei produttori, il contatto
diretto con il consumatore
è fondamentale e insolito perché
in genere un produttore
vende a terzi che poi non si
relazionano con lui. Così invece
Bleve può avvisarci se
quel certo rosso va o quell’altro
fatica, se un’etichetta piace
e cattura piuttosto che infastidire
e respingere. E, fattore
non trascurabile, anche
se molti magari lì per lì non
toccano goccia, tre milioni di
passaggi in un anno sono sei
milioni di occhi, tre milioni di
persone che memorizzano il
nostro nome e il nostro marchio
e una volta al ristorante
o in enoteca...”. Nel futuro
più vicino Harrods a Londra
nel 2009, poi Seul, sia in città
sia all’aeroporto, quindi Dubai,
il mondo.

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