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Il Giornale

“Giro con la 500 Abarth truccata da mio padre” ... Un anniversario ruggente con l’elegante
imprimatur del Brunello di Montalcino.
A suggellare l’abbinata nel segno del glamour
internazionale, tra il mito che è tutt’ora
una realtà da sogno e la visione del sangiovese
grosso divenuto celebrata concretezza
nelle etichette Poggio al Vento della
tenuta Col d’Orcia, un compiaciuto Francesco Marone Cinzano,
intento a fare gli onori
di casa con i partecipanti al raduno mondiale
del centenario Bugatti. Un abbrivio di
prestigio voluto dal figlio del conte Alberto
che, acquisendo l’azienda vitivinicola nel
1973, aveva fortemente scommesso sulle
sue potenzialità. Così, una tra le più antiche
tenute di Montalcino, le cui origini risalgono alla prima metà del
seicento, per un giorno
si fa straordinario museo a cielo aperto.
“Bugatti e Brunello - osserva - rappresentano
entrambi una magnifica espressione di
tradizione: un marchio motoristico di razza
e un prodotto nobile di una terra generosa.
Alla base, una storia e un modo condiviso
di intendere il ritmo e il gusto del vivere”. Di
certo, la precisione rituale dei gesti nel fabbricare
ogni singolo componente dei bolidi
del genio milanese e l’analoga cura fissata
nei protocolli antichi di vinificazione tuttora
rispettati. L’auto d’antan ammalia e coinvolge,
ma non è tra le passioni coltivate dal
nobiluomo: “Non mi vedo proprio alle prese
con i motori e la meccanica. E finora non
mi ci sono mai dedicato”. Anche se poi nella
scuderia di casa Marone Cinzano scopriamo una chicca:
è una 500 motorizzata Abarth,
comprata nel 1964 e utilizzata dal padre
per i suoi spostamenti a Torino e per raggiungere
lo stabilimento di Santa Vittoria,
del quale sarebbe divenuto presidente qualche
anno dopo. “Scelse la nuova 500 - spiega
il conte Francesco - desiderando però un
pizzico di grinta in più. Ma non voleva che
si vedesse”. Insomma, bando ai connotati
rivelatori come il vistoso stemma della casa
al centro del muso o il cofano posteriore
aperto con il bicilindrico in bella mostra. La
cui potenza dopo la cura Abarth poteva salire
da 22 a 30 cv. “Decise per le modifiche al
motore: l’Abarth, allora officina indipendente,
gli modificò la vetturetta in una 695
che, a parte l’assetto ribassato, rimaneva in
incognito. Oggi è tuttora in uso, e la guido
con grande soddisfazione. Certo che se dovesse
fermarsi non saprei davvero dove
mettere le mani”.

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