02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Giornale

“Con Wild Turkey Campari è più globale” ... L’ad del sesto gruppo mondiale dei liquiri fa il punto sulla recessione acquisizione del bourbon: “Ci fa crescere negli Stati Uniti e ci dà nuovo slancio in Australia; 12 mesi per studiare le prospettive di sviluppo del marchio”... Padre austriaco, madre italo maltese, nonno italiano; è nato in Turchia, si è laureato negli Stati Uniti, ha passaporto austriaco e abita a Milano. Vive tra i liquori dall’infanzia, perchè il nonno maltese possedeva un’azienda di spirits a Istanbul che cinquant’anni fa aveva stretto un accordo con Cinzano. Bob Kunze-Concewitz, 42 anni, dal 2005 è amministratore delegato del gruppo Campari, cui appartiene - i casi della vita - anche il marchio Cinzano. Ha continuato la politica di espansione e di acquisizioni: l’ultima operazione, messa a segno in primavera e che ora sta andando felicemente a regime, è la conquista del bourbon Wild Turkey: pagato 575 milioni di dollari alla Pernod Richard, va ad aumentare i ricavi di 100 milioni di euro all’anno e, soprattutto, porta in dote molte potenzialità: “Erano anni che cercavamo un bourbon per arricchire il nostro portafoglio; siamo stati anche sul punto di lanciare un marchio nostro”.

Poi si è creata questa opportunità.

“Wild Turkey è il numero uno nella fascia premium, ha un margine alto, genera molta cassa e appartiene a una categoria in crescita. Abbiamo aumentato la quota di mercato dal 2,2% al 2,5% negli Stati Uniti, dove avere massa critica è importante per trattare con i distributori. L’acquisto di Wild Turkey è diventato operativo il 10 giugno e ci siamo dati 12 mesi per studiarne tutte le potenzialità di crescita: oggi le sue vendite sono concentrate per il 97% negli Stati Uniti, in Giappone e in Australia, è chiaro che le prospettive di espansione sono enormi”.

Gli Stati Uniti per voi sono un grande mercato.

“Col dollaro ai livelli attuali, pesano per il 25% sul nostro fatturato. Oggi negli Stati Uniti abbiamo un’offerta di whisky completa”.

Per l’acquisto di Wild Turkey avete aumentato il vostro indebitamento.

“È vero: oggi il rapporto con il margine lordo èdi 2,6, ma le garanzie che abbiamo sono più capienti, fino a 3,5. Contiamo comunque di portare il debito a 2 volte l’Ebitda grazie alla generazione di cassa. Anche per questo nei prossimi 12-18 mesi non prevediamo acquisizioni di queste dimensioni”.

La vostra cultura è quella di un’azienda prudente.

“Lavoriamo con lo sguardo sul lungo termine, non al trimestre. Abbiamo strategie semplici, chiare, coerenti. Quindici anni fa eravamo un’azienda quasi monomarchio e monopaese, con l’Italia che rappresentava il 75% dei ricavi...”.

Poi è venuta la stagione delle acquisizioni.

“Sì, il fatturato da allora è quadruplicato fino a quasi un miliardo, e per il 55% è fatto fuori dall’Italia. Metà è stata crescita organica: il brand building è il nostro pane quotidiano, investiamo mediamente in marketing e pubblicità il 18,5% del nostro giro d’affari. Metà con acquisizioni, facilitate dalla redditività e dal forte cash flow: questo ci ha permesso una grossa operazione come Wild Turkey in un momento di crisi mondiale. Ma siamo un’azienda conservativa, i nostri rischi sono ben calcolati”.

Il calo dei consumi alcolici è un rischio?

“I consumi sono rallentati, ma nei mercati chiave crescono ancora dell’1,5-3%, rispetto al precedente 5-7%. In tutti i Paesi la nostra performance è sempre migliore della media. Il mercato italiano cala del 3,8% nel semestre, Campari dell’I,2: ma il segmento degli aperitivi, nel quale siamo i leader, è in espansione”.

Voi siete il sesto gruppo mondiale. C’è ancora spazio per crescita e consolidamento?

“I primi 100 marchi del mondo corrispondono al 14% dei volumi; questo significa che l’86% del mercato appartiene ai marchi locali. Opportunità si possono creare nei Paesi emergenti”.

Come vi state muovendo?

“Due anni fa abbiamo creato la Campari Cina, dal novembre del 2008 abbiamo una joint-venture in India. Abbiamo comprato in Argentina il numero 3 della distribuzione, in Messico una distilleria di teqila, gli spumanti Odessa in Ucraina. Il Brasile, che pesa per l’8% sul nostro fatturato, è il primo mercato per il Bitter Campari. L’acquisizione di Wild Turkey ci permette di aprire una società commerciale in Australia, un mercato importantissimo per gli spirits”.

E della crisi che cosa dice? I vostri conti semestrali sono comunque positivi.

“Dall’ottobre 2008 abbiamo assistito a un forte fenomeno di destoccaggio, e per questo le vendite a livello organico sono scese del 3%. Contiamo che nel secondo semestre le vendite rispecchino di più i consumi, e che i magazzini ricomincino a riempirsi. Nei prossimi sei mesi dovremo lavorare per sviluppare i marchi appena acquisiti”.

Quando finirà la recessione?
“Difficile dirlo. Ma il mondo non ha smesso di girare, e un giorno riprenderà a crescere”.

Voi avete fatto dei tagli?

“No. Nell’ultimo anno siamo passati da 1.600 a 2.300 dipendenti”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su