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Il Giornale

Friulano, orgoglio di una terra ... Il bianco del Nord-Est ha tratto solo giovamento dalla scomparsa del nome Tocai... Venica: “Non è più il vino quotidiano dell’osteria”. Collavini: “Il mondo ci scoprirà”... L’evento di Vinovip, a inizio settembre a Cortina d’Ampezzo, è stata l’occasione, importante, per degustare nella stessa mattinata undici differenti Friulani, nel senso di ex Tocai, vecchio nome di un vitigno - e del suo vino bianco - che dal 2007 è stato vietato, il nome, dall’Unione Europea per evitare confusione con l’ungherese (e ben diverso) Tokaj. E sarà ancora più importante quello che ha animato Udine a meta ottobre, per la precisione la seconda edizione di Good, fiera biennale che ha l’ambizione di essere l’alternativa negli anni dispari al Salone del Gusto di Torino. In questa occasione il Friulano è stato proposto in assaggio in circa centoventi interpretazioni diverse, una enormità se si pensa che, per quanto suonasse bene il vecchio appellativo di Tocai, lo stesso non è mai stato un signor vino, ma una simpatica ombra quotidiana. Vino del popolo viene da dire e questo spiega perché tanti, perso il confronto con l’Ungheria, si siano sentiti trafitti nel cuore. Rimarca Ornella Venica, dellaVenica & Venica di Dolegna del Collio:
“Noi produttori - e i consumatori di conseguenza - dal cambio di nome abbiamo solo guadagnato perché ora il Friulano sta avviandosi a diventare un grande prodotto. Prima era sottovalutato. Mezzo secolo fa, chi andava in osteria o chiedeva un tajut ros - e allora era Merlot - o un tajut inevitabilmente Tocai. Non si beveva con la testa, non si cercavano le sfumature come oggi e se vendevi vino italiano erano o fiaschi di Chianti o bottiglioni, tanto che i nostri avi scelsero il nome di Tocai per nobilitare un vino popolare, di basso costo. Però è vero che con la disputa si è toccato l’orgoglio di una terra”. Oggi il Friulano è un vino per davvero legato al territorio, curato, che in bocca distingui per le note amandorlate. Ancora la Venica: “Ricordo che 18 anni fa ero alla fiera di Aspen in Colorado e nessuno sapeva dove fosse il Collio. Alla fine dissi “siamo vicini a Venezia” e tutti sorrisero contenti. Questo per ricordare che il termine Friulano è di certo generico, ma legandolo al territorio Friuli aiuta la promozione delle nostre eccellenze”. Oggi questa regione autonoma produce 90/95 milioni di bottiglie, 9 milioni e 415mila sono di Friulano. Un valore in crescita, perché si è parlato così tanto della vicenda comunitaria che il vino adesso ne beneficia. Il resto lo fanno gli eventi e i cantinieri. Al banco di degustazione di Cortina, Piera Martellozzo, dell’azienda ornonima a San Quirino (Pordenone), ha presentato il Terre Magre; Sergio Bortolusso della Bortolusso di Carlino (Udine) l’Annia; Domenico Zonin, della Tenuta Ca’ Bolani a Cervignano del Friuli (Udine), l’Opimio della Doc Aquileia che solo con l’annata 2008 è in purezza, niente più chardonnay. Quindi Federica Pecorari e il Fiore di Campo della Lis Neris a
San Lorenzo (Gorizia); Marco Fantinel della Roncaia a Nimis (Udine) con il Friulano Colli Orientali; Mario Zuliani di TorreRosazza a Oleis (Udine) pure lui con una lettura del Friuiano Colli Orientali; Adriano Gigante della Gigante a Como di Rosazzo (Udine) col Vigneto Storico; Manlio
Collavini della Collavini anche lui a Corno di Rosazzo, elegante e ottimo il T, un Friulano della Doc Collio. Ha detto proprio Collavini: “Questa è la vera grande nostra occasione. I nomi internazionali non ci aiutano, Friulano sì. I soldi della regione vanno spesi bene perché nel mondo si accorgano che questo bianco esiste”. Gli ultimi tre, tutti Doc Collio: il Ronc di Zorz di Rossella e Tonino Livon a Dolegnano (Udine), il Russiz Superiore della Marco Felluga a Capriva (Gorizia) e, infine, il Ronco delle Cime della Venica & Venica. Un sogno: che tanti imitino Collavini, il cui Friulano ha una gradazione di 12,5. I vini vanno bevuti.

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