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Il Giornale

Il Lambrusco è un gran vino ... Da parente povero dell’enologia nazionale a certezza del “berebene”. Per il nuovo secolo perfetto per i ricchi cibi dell’Emilia, adesso nasce addirittura in versione “champagne”... “II lambrusco, mi si dirà, è un vino riottoso, incita i bevitori alla lotta, alla rissa domenicale. E che cosa c’è di male? Sarebbe l’ora che gli italiani si esercitassero a tirar pugni, invece che esercitarsi a pigliar calci nel sedere”. Parole di un tempo quelle dello scrittore e inviato ovunque nel mondo Curzio Malaparte, che considerava il Lambrusco un vino patriottico, quasi “garibaldino”. Il Lambrusco, a lungo bistrattato e ben poco considerato dagli esperti - e ora in gran spolvero - è un vino dalla storia antica, bella da ripercorrere per capire l’attuale suo successo. Già i romani chiamavano leviti selvatiche cresciute fuori dai campi coltivati, vitis labrusca (derivato dall’unione di labrum, margine, ruscum, pianta spontanea). Ma il passaggio da vite selvatica a coltivata sì fa risalire probabilmente alla contessa Matilde di Canossa che visse in quella terra patria elettiva del Lambrusco. Nel 1303, il bolognese Pietro Crescenzi, nel suo trattato sulla catalogazione dei vitigni e dei vini italiani, rimarcava l’importanza delle viti lambrusche, così come l’altro bolognese, il Tanara, citava nelle sue pagine come “l’uva lambrusca” donasse un vino “brusco, maturo, piccante e raro”.
Un vino dalla spuma ricca, cremosa e spessa, che declina le più affascinanti sfumature del rosso: dal porpora al violaceo, dal rubino al rosato. Un vitigno padano che affonda le sue radici povere in questa fertile pianura, e dove trova i suoi slanci effervescenti in abbinamento ai cibi opulenti tipici di queste zone. Ben lo sapeva uno dei primi escursionisti del gusto, Paolo Monelli: “Il Lambrusco è il vino che Dio fece: è un vino aspretto, vispo, ardito e brioso, bravissimo a spazzolar via dallo stomaco l’eccesso dei grassi e dei condimenti...”.
Se la storia è servita, l’attualità viene a rimorchio. Già perché il Lambrusco sta diventando anno via anno un vino cool, sdoganato anche dalla stampa di settore sempre un po’ restia nei confronti di un vino povero, di pianura addirittura, e che con le maturazioni in legno nulla spartisce. Anzi proprio in virtù di quelli che erano considerati difetti (bassa gradazione, bollicine, semplicità) il Lambrusco si apre la strada nei pasti sempre più leggeri e brevi degli italiani di oggi, momenti di ristorazione e di piacere gastronomico dove la versatilità diventa fondamentale e un vino come il nostro sa comportarsi bene anche con panini e pizza.

In fondo storicamente quest’ultima si accompagnava con un buon bicchiere di fragrante Gragnano che in qualche modo può evocare il cugino padano. Cugino che si moltiplica a seconda di denominazioni e province. Partiamo da Modena: se il Grasparossa ammalia il palato “trasversale” (pensiamo a il Terre del Sole di Fiorini morbido e maturo, sito fiorini1919.com fiorini1919.com, e a quello della Tenuta Pederzana, telefono 059.748072, dove la dolcezza è supportata da una mineralità che lo rende dinamico, il Sorbara è quello per i più oltranzisti della bolla rossa più acida e spartana. In questa denominazione, imperdibile quello a fermentazione naturale in bottiglia di Chiarii, il Lambrusco del Fondatore, sito chiarli.com, o, in una versione più floreale, il Rifermentazione Ancestrale di Belici che in portfolio ha anche una versione molto convincente di Metodo Classico su base Sorbara, il Brut Rosso,www.infoinfrancobellei.it. Grande classico il Vigna del Cristo di Cavicchioli.
Sempre in tema metodo classico ma a base di Salamino di Santa Croce coraggioso e ben riuscito il Lini910 Metodo Classico Brut Rosso, www.vinilini.it . In terra reggiana furoreggia invece Ermete Medici - medici.it la sua pagina web -, con due etichette emblematiche: il Concerto e l’Assolo. Non dimenticando che anche Mantova ha alcune punte interessanti come nel caso del Mapso della vinicola Negri, vinicolanegri.com, va citata la nuova moda lanciata dai Lambrusco parmensi, morbidi, suadenti e golosi pensiamo al Marcello di Ariola, viniariola.it, all’Otello delle Cantine Ceci, cliccare in lambrusco.it, e a quello, un po’ più grintoso, di Monte delle Vigne, montedellevigne.it. Mai come in questo caso: a ciascuno il suo.

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