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Il Giornale

Accuse alla regina delle aste: “Vende vino tarocco” ... Il miliardario americano William Koch ha acquistato per 300.000 dollari quattro bottiglie ufficialmente provenienti dalla cantina dell’ex presidente americano Thomas Jefferson. Ora però sostiene che sono un falso e cita in giudizio Christie’s... Vatti a fidare delle case d’asta, sono capaci di rifilarti persino dei falsi d’annata. E badate, non si sta parlando di Picasso o Renoir, ma di bottiglioni divino squisitamente vintage. A sostenerlo è il miliardario americano William Koch che dopo aver acquistato quattro bottiglie di vino ritenute di proprietà del terzo presidente degli Stati Uniti, Thomas Jefferson per un totale di 311.804 dollari ha ingaggiato una battaglia legale di tre anni con Christie’s, la più famosa Casa d’aste del mondo sostenendo che si tratta di falsi. Ma andiamo per gradi. Il signor Koch ha comperato le bottiglie nel 1988 da un venditore tedesco, tal Hardy Rodenstock che sosteneva di essere venuto in possesso di una partita di vini con su impresse le iniziali Th. J., rinvenuta per caso in una cantina parigina negli Anni Ottanta. Che c’entra allora, in tutto questo Christie’s, si dirà? Dubbio legittimo, anche se la spiegazione esiste come ha raccontato ieri “The Independent on Sunday”. Nella sua ultima denuncia presentata alla corte distrettuale di New York alla fine di marzo, il miliardario afferma di aver deciso di acquistare il vino soltanto perché sapeva che la casa d’aste aveva venduto in precedenza altre bottiglie della stessa partita e dai suoi cataloghi emergeva che si trattava di bottiglie autentiche. Ora però Koch è certo che siano false. Di più, sostiene che Christie’s sia sempre stata a conoscenza della loro dubbia provenienza e che abbia continuato a vendere falsi d’annata per decenni. Nei giorni scorsi Michael Broadbent, ex direttore della filiale di New York, esperto di vini nonché autore dei cataloghi - che non è stato denunciato, ma soltanto citato - ha smentito decisamente ogni accusa definendole “alquanto offensive”. Koch dal canto suo spiega nel dettaglio perché adesso crede che il vino non sia realmente quello della cantina di Thomas Jefferson. “Non l’ho scoperto fino al 2005 - racconta - quando mi è stata chiesta una fotografia delle bottiglie che doveva venir inserita in un catalogo del museo di Boston”. Solo allora il miliardario aveva contattato la fondazione Thomas Jefferson, nota anche come Monticello, in Virginia, per certificare la provenienza del vino. I suoi esperti gli avevano quindi rivelato di essere stati contattati da Christie’s prima della messa all’asta delle bottiglie, ma che era stato molto “problematico” trovare un collegamento tra le bottiglie e il presidente americano. Koch però afferma che nei prestigiosi cataloghi della casa d’aste i dubbi sulla provenienza dei vini non vengono mai menzionati. Christie’s ha respinto al mittente ogni accusa dichiarando in una nota stampa di voler difendere con fermezza la compagnia. Broadbent ha confermato che le bottiglie risalgono all’epoca in questione negando di aver mai glissato su qualunque dubbio circa la connessione dei vini con Thomas Jefferson. La disputa legale si preannuncia a ogni modo ardua, soprattutto per Christie’s. Come ricordava sempre l’“Independent”, William Koch è un uomo che è meglio non avere come nemico.

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