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Il Giornale

Leonardo Frescobaldi… … “Quando il vino rende più dell’oro: una bottiglia per battere la crisi” … Vino o oro liquido? Dal luglio 2001 comprare bottiglie d’alta gamma ha reso mediamente il 13,8%, più del bene rifugio per eccellenza (13,3%) e il triplo degli immobili, che si fermano al 4,4 per cento. Certo, non parliamo di bottiglie qualsiasi, ma di grand cru, come quelli prodotti dal marchese Leonardo Frescobaldi, proseguendo una tradizione viticola lunga sette secoli.

Come è possibile che il vino renda più dell’oro?

“C’è vino e vino: alcuni hanno grande prestigio, tanto che la domanda supera l’offerta, ma naturalmente non sono tanti. Devono avere un marchio forte, come il nostro Mormoreto di cui abbiano appena festeggiato i25 anni: un prodotto di eccellenza, legato a un territorio, apprezzatissimo da intenditori e collezionisti. Vini così sono davvero un paracadute contro la crisi”.

Che cosa serve per fare questo investimento?

“Essere conoscitori, anzitutto: come chi vuole investire in opere d’arte deve intendersi di pittori. Una bottiglia ha un prezzo quando esce dalla cantina, poi varia: quindi bisogna seguire le valutazioni delle aste, perché vini come questi si vendono da Christie’s e da Sotheby’s”.

Non solo quelli italiani, giusto?

“Certo, bisogna seguire bene i vini francesi, perché i nostri cugini d’oltralpe sono stati i primi a scoprire questo tipo di investimento: ci sono dei grandi Bordeaux che raggiungono cifre vertiginose, per fare un esempio una bottiglia di Chateau Latour può valere 15mila sterline. Ma naturalmente non dimentichiamo i vini italiani, soprattutto piemontesi e i nostri toscani. Per esempio, il Brunello di Montalcino, con cui abbiamo fatto, 12 anni fa, un “matrimonio” con Mediobanca, riuscito benissimo”.

Di che cosa si tratta?

“Era un’operazione da dieci milioni di Ecu, circa venti miliardi di lire di allora: in pratica chi comprava un’obbligazione aveva la possibilità di acquistare una cassa di Brunello al prezzo del listino all’ingrosso, e questo per quattro anni. L’idea era di invogliare gli investitori, e aumentare la conoscenza del nostro vino anche all’estero. Chi ha comprato quel vino allora oggi l’ha visto rivalutare del 40%: oltre a possedere delle rarità introvabili, come un’auto da collezione”.

Una curiosità: i nababbi mediorientali, a cui la religione vieta l’alcol, lo comprano ugualmente come investimento?

“No, niente vino per gli sceicchi. In compenso, ci sono grandi investitori provenienti da Paesi emergenti che non hanno questo tipo di vincoli, come l’India e tutto l’Estremo Oriente, Cina in testa: senza dimenticare la Russia. La crisi invece ha fatto rallentare un po’ le richieste dai Paesi che storicamente apprezzano i vini di grande prestigio, come Gran Bretagna e Stati Uniti”.

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