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Il Giornale

Italia campione del mondo: ci siamo bevuti i francesi ... Storico sorpasso nel 2010: siamo i primi produttori di vino. E le esportazioni sono cresciute dell’8%: boom di bottiglie nostrane (e di grande qualità) in Cina... Nell’infinito derby del calice con la Francia siamo finalmente passati in vantaggio. Almeno dal punto di vista quantitativo. Secondo i dati della commissione Ue resi noti ieri da Coldiretti, nell’ultima vendemmia 2010-11 il vigneto italiano ha superato quello francese per 49,6 milioni di ettolitri contro 46,2. Un sorpasso frutto in realtà più di una flessione del dato transalpino che di un nostro scatto, ma comunque storico. E se il vino francese gode ancora di una reputazione superiore in termini qualitativi (che molti in realtà pensano sia soltanto frutto del mito costruito in secoli di comunicazione), anche il vigneto Italia punta sulla qualità: il 60 per cento della produzione nazionale, infatti, è rappresentata da vini che godono del marchio Docg e Doc (14,9 milioni di ettolitri) e Igt (15,4). Il fatto è che il made in Italy nel bicchiere piace eccome, in tutto il mondo. Lo dimostra il fatto che malgrado la grave crisi economica internazionale, nel 2010 le esportazioni di etichette italiane sono cresciute del 9,8 per cento in termini divalore e dell’8,1 per cento in termini di quantità. Sempre nel 2010 l’Italia è stato il primo Paese esportatore di vino in termini di quantità, con 15,6 milioni di ettolitri, davanti a Spagna (14,5), Francia (14,1) e Australia (7,0), e il secondo in termini di valore con 3.878 milioni di euro, naturalmente dietro la Francia che, con 6.326 milioni di euro, si avvantaggia del maggiore prezzo medio della singola bottiglia. Trend confermato anche nei primi mesi del 2011, con un aumento del 15 per cento nel primo bimestre e una crescita record del 31 per cento negli Stati Uniti. Ma Prosecco, Barolo e Nero d’Avola piacciono anche nei nuovi - enologicamente parlando - mercati, come Russia, Cina (qui addirittura nel 2010 la domanda di vino italiano è raddoppiata rispetto all’anno precedente), Giappone e Brasile. A favore nostro gioca la nuovat endenza del gusto internazionale, che sembra avere finalmente accantonato i vini dal gusto ruffiano e morbido a favore di quelli tipici anche nelle loro asperità: un terreno sul quale l’Italia è praticamente imbattibile con le centinaia di varietà autoctone che danno vita a una tavolozza di aromi e sapori praticamente infinita. E in fondo che tipico è bello lo dimostra anche il boom dei piccoli produttori sotto i 25 milioni di euro di fatturato, le cui esportazioni sono cresciute in valore del 16 per cento, quasi il doppio dell’8,5 per cento messo a segno dalle prime 103 società italiane produttrici di vino. A questi sorrisi internazionali corrisponde un certo broncio sul fronte interno: negli ultimi anni la domanda di vino in Italia si è contratta. Nel 2009 (dati Nomisma) il consumo annuo pro capite è sceso per la prima volta sotto i 40 litri. Decenni fa, quando il vino era un distibutore di calorie a basso prezzo, il dato era più che doppio. Colpa dei nuovi stili di vita, che colpevolizzano l’alcol, anche quello buono” (se assunto in modica quantità, naturalmente). Ma colpa anche della concorrenza sempre più spregiudicata, soprattutto nel pubblico dei giovani, di birra e dei cosiddetti popcoholics. Le strategie per risalire la china sono secondo gli addetti ai lavori di due tipi: una comunicazione che fornisca maggiori informazioni e sottolinei maggiormente i vantaggi per la salute del bere vino consapevolmente e l’aspetto culturale del vino nostrano; e una strategia complessiva che preveda una maggiore collaborazione tra i produttori, tuttora poco stimolati a fare squadra, e un maggiore coinvolgimento delle istituzioni. Ma ci sono anche azioni più limitate che potrebbero servire: come una maggiore collaborazione dei ristoratori nel tenere bassi i ricarichi e nello studiare forme alternative di somministrazione, come l’offerta al calice, il bottleshare (la condivisione della bottiglia tra più tavoli) e la doggy-bottle (la possibilità di portarsi a casa la bottiglia non interamente consumata). Perché, come dimostrano il boom dell’enoturismo, il crescente successo dei gadget enologici e dei corsi di degustazione più o meno professionali e il fiorire sul web di blog dedicati al vino, vera alternativa democratica e fai-da-te alle guide paludate, la voglia di bere bene è sempre di moda.

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