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Il Messaggero

“Ferro e Seta”, l’ultima sfida del Lazio ... Persino i bordolesi ce l’hanno sempre invidiato. In effetti, enologicamente, l’ambito laziale non ha forse eguali al mondo. Clima, mare, sole suoli vulcanici: per la vite non potrebbe esserci nulla di meglio. Star però qui a disquisire sugli errori del passato, fatti più di quantità che di qualità, sarebbe mero esercizio retorico.
Meglio guardare all’oggi, pensando anche al domani. E riconoscere i meriti dei precursori: i capofila che, valorizzando al meglio vitigni autoctoni e non, hanno mostrato la via alle tante giovani aziende che stanno seguendo i maestri. Panorami variegati: lo stile internazionale del viterbese, dove il Montiano di Falesco ha fatto proseliti; i buoni Cesanese che tra Piglio e Olevano stanno dando lustro a quell’uva un tempo bistrattata; le innovazioni che nell’Agro Pontino hanno visto Casale del Giglio ripartire da zero dalle paludi, proponendo una rivoluzione a 360 gradi.
Nel parlare di vino laziale, però, il pensiero corre subito al territorio che circonda la capitale: quei Castelli che da alcuni anni a questa parte stanno inviando segnali di rinascita sempre più costanti. Anche nei rossi, che in effetti avrebbero habitat ideale su quelle colline. Aveva iniziato Paola Di Mauro, la signora per eccellenza dell’enologia regionale, col suo Vigna del Vassallo. Seguita dai Quattro Mori del Castel de Paolis e, di recenti, dal Kron di Fontana Candida. Solo per citare dei punti fermi.
Ora tocca a Villa Simone, la cantina di Piero Costantitni famosa per i suoi Frascati, e al suo Ferro e Seta, nuovo rosso aziendale in uscita con l’annata 2000 (25 euro). Già dal nome si evincono le caratteristiche principali delle uve da cui è ottenuto: il Cesanese, morbido e alcolico, e il Sangiovese, ispido, puntuto e vivace. Dopo un anno di barrique il vino ha colore rubino-granato con riflessi aranciati. Olfattivamente, dove ancora la tostatura lignea è sensibilmente in rilievo, si colgono frutti di bosco rossi e neri (anche in confettura), prugna, vaniglia, note minerali, caramello, chiodo di garofano, té nero, viola, rosa canina e burro di cacao. In bocca i due vitigni sono già abbastanza fusi in un abbraccio caldo, corposo e speziato: da condividere con carni rosse, interiora, o magari con un bel piccione.

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