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Il Messaggero

La mafia si combatte anche a tavola ... Anche un piatto di pasta. Persino il conviviale giro di padella dello spaghetto nell'aglio, olio e peperoncino, può essere una piccola testimonianza di cultura di opposizione alla mafia. Per la ricetta basta usare pasta di Corleone e olio di Castelvetrano. In questo caso, però, non si tratta di comuni doc. Anzi. Il cuore della ricetta è infatti tutto nella legge 109/96, che prevede che i beni confiscati ai boss mafiosi possono essere destinati a usi socialmente utili. Parte da qui una storia, una bella storia, di Sicilia, grazie alla quale nel piatto si concretizza una ricetta ricca di emozioni, ben più simboliche dei suoi semplicissimi ingredienti. Sì, perché la pasta, fatta in maniera antica e artigianale, è prodotta nei terreni ripresi dallo Stato a Totò Riina, mentre lo squisito extravergine viene dalle proprietà di Bernardo Provenzano e di Matteo Messina Denaro, nomi truculenti delle cronache di un'isola dolorosa, troppo spesso semplificata nella sua maledizione di soggezione alla cultura dell'illegalità

In questo spaghetto simbolico, però, prevale l’“altra" Sicilia, quella più vera, quella più simile alla sua gente. Quella, ad esempio, delle associazioni e delle cooperative che hanno "riciclato" le proprietà dei boss, frutto di riciclaggio, quello vero, per creare occupazione e ricchezza,nel segno del buono da mangiare. Sono cooperative come Libera Terra di don Luigi Ciotti, la Casa dei Giovani di Castelvetrano, il Consorzio Sviluppo e Legalità, intitolata a Placido Rizzotto, il sindacalista morto di mafia. E sono comuni come Corleone, S. Giuseppe Jato, Monreale, Piana degli Albanesi, San Cipirello che, da quinta del peggiore folklore di lupara, si aprono a diventare luoghi di produzioni di qualità. Da un lato — lo ha descritto in maniera vivace in un recente convegno il procuratore Ignazio De Francisci, già pm a Palermo — le crapule dei boss, raccontate da un collaborante, Antonio Patti, autore di quaranta omicidi, presente con Totò Riina a un banchetto di riconciliazione tra gli "stiddari" marsalesi e Cosa Nostra, e dall'altra le marmellate, le paste, l'olio, le conserve di questa Sicilia sostanziale, lontana dal culto della violenza e dalle tinte forti dei "tragediatori".

Occorreva però un contenitore per dare voce a questi prodotti, e soprattutto al progetto che hanno alle spalle. E questo aiuto è venuto dalla Coop, una struttura leader in Italia, che fino al 26 marzo metterà in vendita queste paste e l'olio. Si tratta di un'iniziativa tutt’altro che isolata, perché si inserisce in una grande iniziativa destinata a rinnovare la cultura stessa dei supermercati. Con la collaborazione di Slow Food e il patrocinio del ministero delle Politiche agricole e forestali nasce infatti il progetto Viaggio alle origini del gusto, una grande enciclopedia multimediale articolata in dieci opuscoli e altrettanti cd rom, che saranno reperibili a cadenza prefissata, e a un prezzo simbolico, negli oltre 500 supermercati del gruppo. I luoghi della grande distribuzione si aprono al prodotto di nicchia. Meglio ancora, con la loro potenza d'impatto, diventano divulgatori della nostra tradizione enogastronomica come momento culturale, come storia di uomini, di tradizioni, di incontri tra esperienze diverse. In fondo, è anche questo il piccolo fil rouge che può legare un pacco di maccheroni di una lontana cooperativa di Corleone a un colosso della distribuzione. Una cultura del rispetto delle diversità, di curiosità, di polifonia degli approcci e delle offerte, che è anche molto di ciò che serve per prosciugare l'acqua dove il messaggio di violenza e di emarginazione mafiosa cerca di trovare il suo spazio di vita.

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