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Il Messaggero

Vino adulterato, i produttori: puniteli ... Come in un racconto horror, dove la festa si trasforma in incubo, lo scandalo del vino al metanolo è piombato come una bomba sul Vinitaly di Verona, il più prestigioso contenitore italiano di eccellenza enologica. Trovare una copia del settimanale che ha lanciato l’allarme è diventato più facile che reperire una bottiglia d’Yquem del 1926. Gli operatori stranieri si passano fotocopie dell’articolo tra l’incredulo e lo sgomento, mentre l’immagine del made in Italy goloso scricchiola in maniera sinistra. Davvero troppe storie che non fanno bene, in questo ultimo periodo. Abbiamo cominciato con la mozzarella alla diossina, poi è arrivato il metanolo nel vino, e adesso salta fuori anche che qualche disinvolta interpretazione del disciplinare potrebbe aver coinvolto qualche etichetta di Brunello. Tutti allarmi golosi, ampiamente mediatizzati dalla stampa internazionale, che oltre a disorientare i consumatori, rischiano di creare un danno a uno dei settori di reale eccellenza del nostro Paese.

Fine di un’illusione? Nemmeno per sogno. Al contrario. Perché non dire invece che da noi i controlli funzionano bene e davvero, per esempio? Oppure che proprio perché il “brand” prodotto italiano funziona alla grande le frodi e le furbate prosperano un po’ dappertutto, e non solo in Italia? Mortadelle taroccate, pseudo parmigiani, e oli extravergini finto-tricolori circolano in quantità incredibile sui mercati. Era inevitabile che avessimo anche noi una percentuale di delinquenza, oltre che di incoscienza criminale verso l’intero comparto. La competizione internazionale è spietata e l’Italia esercita una leadership di settore che dà fastidio a molti. Ora, più che mai, si tratta di “fare sistema”, e questo è un problema delicato che riguarda la nostra capacità di tutelare il giustamente decantato “made in Italy goloso” nelle sedi internazionali.

L’eccellenza dei prodotti e dei vini italiani racconta una realtà di nicchie (come l’aceto balsamico tradizionale), e di “grandi numeri” senza paragoni di qualità nel mondo (come il Parmigiano Reggiano). Una realtà dove i piccoli artigiani della terra vengono a scambiare idee coi nostri artigiani, nel contenitore fantastico di Slow Food Terra Madre, dove la presenza del Principe Carlo d’Inghilterra non stona di fianco all’artigiano del prosciutto di San Daniele. È questa la vera Italia golosa. Un’Italia che, non per caso, esprime la sua eccellenza anche con una cucina moderna sempre più copiata nel mondo, nelle sue ricette e nelle sue insostituibili materie prime. In questo caso, le mele eventualmente marce, individuate non toccano il sistema. E i consumatori, italiani e del mondo, possono stare tranquilli in un Paese dove non solo c’è qualità, ma anche efficienza di controlli. Tutto il resto è volersi fare del male.

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