Il mercato enoico è uno dei settori più ampi e frammentati: i consumatori sono potenzialmente tanti, e in Paesi come l’Italia anche l’offerta non è certo ridotta. Il Belpaese ha nella sua biodiversità, anche e soprattutto vitivinicola, uno dei suoi punti di forza che rende però difficile l’attirare clienti. Chi vuole diventare leader nelle vendite, ad ogni modo, sa o deve sapere che il mondo della rete è il futuro, se non già il presente, di tutto il commercio: l’e-commerce è un settore in via di sviluppo, che negli ultimi anni ha visto i suoi numeri crescere senza freni. I dati di Trovaprezzi.it, comparatore di prezzi online leader in Italia, stimano che le vendite online di food & wine toccheranno a fine 2018 gli 800 milioni di euro, ci cui 200 solo di vino: già nel 2017 aveva registrato un +37% rispetto all’anno precedente, e adesso il wine & food rappresenta ben il 40% degli acquisti online degli italiani. L’e-commerce è quindi un mondo che ha potenzialmente tantissimi attori, e allora come imporsi in un mercato così vasto e variegato, e come sopravvivere alla concorrenza? A dare qualche risposta ci pensano esperti del settore, in scena a wine2wine, il business forum targato Verona Fiere e Vinitaly, che vuole costruire intorno al mondo del vino una rete di discussione e confronto. Per Felicity Carter e Rebecca Hopkins, esperte di comunicazione specializzate nel settore delle aziende del vino, il segreto sta nel creare una rete di fiducia tra aziende e media. La comunicazione, per risultare interessante ed essere vista, deve arrivare non solo agli esperti del mestiere, ma deve raggiungere le grandi masse, in cui ci sono milioni di potenziali wine lovers. Ciò che è fondamentale, ma non sempre facile, è puntare tutto sulla notizia rilevante, curiosa, ben illustrata da belle immagini. “La prima cosa da fare - spiega Rebecca Hopkins - è delineare un obiettivo e una vision aziendale. Poi decidere il canale giusto per ogni storia: ogni piattaforma è diversa e ha delle caratteristiche diverse”. Altro passo fondamentale è “delineare il target - aggiunge Felicity Carter - per selezionare il pubblico più interessato. Un brand enoico per scegliere il media giusto, o il giornalista adatto, deve conoscere bene il lavoro di ogni writer, creando una lista di nomi affidabili, a cui mandare notizie confezionate in modo adatto”.
Proprio perché per crescere bisogna puntare sulla diffusione della cultura del vino, la comunicazione da parte delle griffe non può passare solo ed esclusivamente da canali come media, giornali o blog: la “conversazione” col consumatore deve essere anche diretta, anche perché spesso il consumatore si trova ad acquistare vino in modo abbastanza leggero e intuitivo. Ecco perché secondo Armando Corsi, senior marketing scientist all’Ehrenberg-Bass Institute, per acquistare maggiore “potenza” nelle vendite enoiche, si deve puntare sull’acquisizione di nuovi clienti, più che sull’aumento delle vendite tra i clienti di sempre. “La differenza tra grandi e piccoli brand - spiega il professor Corsi - è spiegata bene dal cosiddetto “modello doppio rischio”: è la quantità di acquisitori che fa crescere un’azienda, non la frequenza di acquisto. Per avere successo sul mercato quindi non si deve cercare di vendere di più agli stessi, ma acquisire nuovi clienti”. Per farlo, “bisogna sempre pensare che non tutti quelli che acquistano vino lo fanno passando oltre 40 minuti davanti ad uno scaffale: la maggior parte dei consumatori - sottolinea Armando Corsi - sceglie vino in modo rapido”. E, attenzione, non fa scelte in base a differenze biologiche: “suddividere il pubblico in base a genere o età è una pratica ormai più che superata: i target vanno suddivisi solo ed esclusivamente in base ai gusti”. E conclude con due semplici suggerimenti per le aziende: “chi vuole crescere davvero deve dare ai consumatori due tipi di disponibilità fondamentali: la disponibilità mentale, e cioè il trovare simboli o packaging che rendano facilmente riconoscibile il prodotto dai compratori, e quella fisica, ovvero semplicemente non pensare di essere troppo esclusivi: il prodotto - evidenzia Armando Corsi - deve essere trovabile e fisicamente accessibile”.
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