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Il Mondo

I grandi nomi del vino si espandono in Sicilia ... Ha cominciato Zonin. L’hanno seguito l’Ilva di Saronno, Giv, Marzotto di Santa Margherita e i trentini del gruppo MezzaCorona. Tutti convinti che la regione diventerà la California d’Italia. Zonin è stato il primo, comperando la tenuta dei Principi di Butera, in provincia di Caltanissetta. Poi sono arrivati il Giv, Gruppo Italiano Vini, che ha fatto sua la maggioranza della Rapitalà, la Santa Margherita, gruppo Marzotto, che ha avviato i lavori per una grande cantina, un investimento di 24 miliardi di lire; l’Ilva di Saronno che alla Florio, già sua, ha affiancato la Corvo-Duca di Salaparuta, la casa vinicola siciliana del passato più luccicante. Qualche mese fa è sbarcato un altro dei grandi nomi dell’enologia del Nord, il gruppo MezzaCorona di Mezzocorona (Trento), 140 miliardi di lire di fatturato, il 35% del quale realizzato negli Stati Uniti, che ha acquisito una proprietà di 270 ettari in provincia di Agrigento. Zonin, Giv, Santa Margherita. Ilva, MezzaCorona scommettono centinaia di miliardi di lire sulla Sicilia: sono tutti convinti che qui sia la nuova frontiera del vino italiano. Merito del clima e della terra che possono favorire la diffusione dei vitigni di maggior successo internazionale, senza dimenticare la gloria degli autoctoni. “La Sicilia”, dice Fabio Rizzoli, amministratore delegato di MezzaCorona e artefice del suo straordinario sviluppo, “ha tutto per diventare la California d’Italia”. MezzaCorona ha già rinnovato vigne per 12 ettari, altri 100 lo saranno tra pochi mesi. Alla vecchia cantina ne affiancherà un’altra con un’architettura rispettosa della tradizione e dello stile locali. Un investimento, tra acquisizione dell’azienda e nuova cantina, di circa 25 miliardi di lire. Nei progetti della Silene srl, la società costituita in Sicilia, vini da vitigni autoctoni come il Nero d’Avola, poi Merlot, Cabernet Sauvignon e sperimentazioni sui bianchi, potrebbero uscirne nuove creazioni. Non sono soltanto le grandi case vinicole del Nord ad aver scoperto la Sicilia come terra di particolare vocazione tra i vini. Chi ama il buon bere da tempo conosce cantine di esilissima tradizione eppure impostesi tra gli intenditori e non soltanto in Italia. Un esempio può valere per tutti e coinvolge la Planeta che ha impiantato vigneti nel 1985 tra Sambuca e Menfi in provincia di Agrigento e subito accolta nel gotha dell’enologia italiana. Tanto da aver conquistato uno degli allori più prestigiosi e ambiti, il titolo di miglior cantina italiana nella Guida dei vini d’Italia di Gambero Rosso-SlowFood. Ispirata da Diego Planeta, presidente della Sottesoli, cantina tra le più famose della Sicilia, Planeta è guidata dai nipoti Alessio e Santi e dalla figlia Francesca. I tre cugini hanno rilanciato i vitigni della tradizione siciliana e inserito lo Shirah, vitigno internazionale dal quale nascono alcuni dei vini di maggior successo internazionale. Sono convinti che la Sicilia sia naturalmente, per le condizioni climatiche di cui gode e la composizione della terra, la culla ideale per lo Shirah. Una fede ben riposta. Planeta fattura 10 miliardi di lire e propone le sue etichette nelle carte dei vini dei migliori ristoranti non soltanto italiani. Un’azienda alla moda, verrebbe voglia di dire e si sarebbe nel giusto. Perché in un sondaggio fatto nella Rete da uno dei siti d’informazione sul vino, www.winenews.it, i 1258 enonauti che vi hanno partecipato hanno a maggioranza consacrato Planeta come l’etichetta che fa più tendenza.

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