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Il Mondo

La finanza è entrata nella bottiglia: le etichette rappresentano un bene rifugio per portafogli medio-grandi. Certificati, warrant, polizze. Hanno rendimenti annui tra il 5% e il 10%. Ed è possibile puntare anche su fondi
che selezionano aziende del settore. Ma le cantine preferiscono indebitarsi con le banche ... Una delle ultime iniziative che hanno sposato la finanza al vino di qualità è stata realizzata nello scorso ottobre dall'azienda vinicola campana Mastroberardino, in partnership con il Banco di Napoli: si trattava di certificati rappresentativi di un certo numero di bottiglie del rosso Radici vendute per una parte primeur, con consegna alla scadenza. Il tutto garantito anche da una polizza di assicurazione contro i danni al vino: una carta in più che non ha accompagnato, anni fa, le vendite en primeur pioniere del mercato. Ad avere la prima idea, ancora nel gennaio 1996, era stato Osvaldo Longo (gestisce un'importante enoteca con il fratello Giovanni che è anche presidente di Vinarius, l'associazione che riunisce le migliori enoteche italiane), meditando su una vendemmia eccezionale come è stata quella del 1995. Da lì a parlarne con un enologo-imprenditore intelligente come Ezio Rivella, in quel momento a capo della Banfi, è stato un tutt'uno e le prime operazioni sono partite proprio con il Brunello di Montalcino prodotto dalla cantina toscana creata e guidata da Rivella (oggi al vertice dell'Unione italiana vini). Altre ne sono seguite, in particolare in Piemonte e Toscana.
Stefano Cinelli Colombini, alla guida di una delle aziende storiche del Brunello, la Fattoria dei Barbi, ha al suo attivo varie iniziative di questo tipo realizzate direttamente nella sua azienda, con risultati interessanti per chi vi ha aderito. Ma le uniche operazioni squisitamente finanziarie sono state però quelle eseguite in compagnia di Mediobanca dalle due aziende fiorentine Frescobaldi e Antinori: si è trattato in entrambi i casi dell'emissione di warrant legati al Brunello di Montalcino 1997. Titoli che hanno visto salire rapidamente le quotazioni fino a livello di prezzo di esercizio rispettivamente di 151,20 e 128,88 euro, con un rendimento quindi del 51% e del 28%.

Nella sua ultima analisi sul settore vinicolo e sui bilanci del vino, la Deloitte Touche corporate finance guidata da Stefano Romiti (amministratore delegato) e Guido Visin (partner) ha tracciato un quadro interessante del mercato registrando, tra l'altro, come tra i vignaioli le operazioni di finanza siano agli albori e come sia ancora una consuetudine, anche per le maggiori aziende, finanziarsi con scoperto bancario. Romiti ha inoltre posto l'accento sull'alta qualità del vino italiano (premiato da autorevoli riviste americane) ma anche sull'eccessiva polverizzazione delle cantine in Italia, tesi naturalmete condivisa dai maggiori produttori.
Tornando alla finanza non sono pochi coloro che cominciano a considerare il vino un bene rifugio da non sottovalutare. Da qui anche l'arrivo di società specializzate nell'offrire consulenza per investimenti di questo tipo, come la Vino e finanza di Christian Roger esperto del ramo.
Ma quanto può rendere un investimento di questo genere? Statistiche non esistono. Tuttavia il Mondo è in grado di fornire qualche indicazione tenendo conto dei rendimenti calcolati su alcune iniziative già concluse. In base alle quali (vedi tabella) si può constatare che il rendimento finalein tasca all'investitore si è attestato tra il 20 e il 50%. Tradotto in termini di rendimento annuo, tenendo cioè conto anche del tempo intercorso tra la sottoscrizione e il realizzo della vendita delle bottiglie, si parla di rendimenti compresi tra il 5,28% , per i certificati Brunello di Montalcino 1997 Banfi lanciato nel 1998 e liquidato nel febbraio scorso, e il 10,91%, per i certificati Brunello di Montalcino '95 Banfi in sottoscrizione nel febbraio-marzo del 1996 e andato in scadenza nel febbraio di due anni fa. Rendimenti che, dai confronti con altri strumenti finanziari molto popolari, si collocano al di sopra di quelli realizzabili nello stesso arco di tempo con i Bot e risultano competitivi pure rispetto alle azioni. Proprio questa maggiore stabilità di buoni rendimenti di medio lungo termine fa dei certificati sui vini di qualità degli interessanti strumenti di diversificazione per i medio-grandi portafogli di risparmio, sempre alla ricerca di forme innovative ma non toppo rischiose di investimento alternativo a quello finanziario classico.
Fatelo con i fondi. C'è poi anche la possibilità di puntare al settore del vino tramite i fondi d'investimento. In attesa di vedere il varo definito del comparto Dexia equities world wine fund (annunciato all'inizio dello scorso mese di settembre, ma ancora in alto mare per via delle scarse sottoscrizioni), si può optare sul fondo Orange wine fund che ha fatto il suo esordio nel febbraio del 2001. La strategia del fondo è quella di selezionare le aziende del settore partendo dalle singole realtà, al fine di realizzare interessanti ritorni di medio lungo termine. Tra le principali posizioni in portafoglio figurano, ad esempio, la Pernord Ricard, la Robert Mondavi, la Brl Hardy ltd, la Vincor International e la Baron de Ley. Per il momento la gestione del fondo ha risentito del generale andamento negativo dei mercati anche se la performance 2002 è in rosso del 12,9% contro il -29,5% dell'indice delle Borse mondiali. mentre dall'inizio dell'attività segna un -9,6% (rispetto al -34,75% della media degli indici azionari internazionali). (arretrato de "Il Mondo" del 13 dicembre 2002)

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