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Il Mondo

"Il Tocai deve cambiare nome". La Corte europea: dal 2007 l´esclusiva del marchio all´Ungheria. La sentenza in base agli accordi comunitari. Proteste in Friuli, ma alcuni produttori del vino hanno già variato la denominazione ... Ancora due anni, e il Tocai friulano non avrà più dignità di etichetta. Il nome, ovviamente, e non il vino, come sottolineano i membri della Corte di Giustizia Europea, che ieri si sono riuniti in Lussemburgo per esaminare la pregiudiziale posta dal Tar del Lazio. Tre anni fa, infatti, la regione Friuli-Venezia Giulia e l´Agenzia regionale per lo sviluppo rurale avevano chiesto l´annullamento del divieto sancito con l´accordo datato 1993 tra Comunità Europea e Ungheria. I giudici, invece, hanno confermato il divieto di utilizzare la denominazione Tocai per i vini italiani: il tutto a partire dal 31 marzo 2007, quando le uniche denominazioni ammesse nel vecchio continente saranno l´ungherese Tokaj e la slovacca Tokajska.
La questione era chiara fin dall´inizio, nei termini come nella sostanza: a essere tutelati in Europa, prima che i marchi sono le identità territoriali. Nessuno può permettersi di usare arbitrariamente - ovvero fuori dai confini stabiliti - la denominazione Barolo, Valpolicella, Barbaresco, etc..... Nel ‘93, le denominazioni "Tocai friulano" e "Tocai italico" non costituivano un´indicazione geografica, piuttosto il nome di una varietà di vite riconosciuta in Italia. Dodici anni dopo, la situazione non è cambiata di molto, se è vero che a nessuno viene in mente di organizzare un tour "nel Tocai", mentre si va a Barolo (paese) o nel Chianti (territorio). Viceversa. Tokaj è il nome di un territorio ungherese specifico, votato alla produzione di un vino liquoroso e prezioso, che i gourmet abbinano a foie gras e formaggi erborinati stagionati.
Proprio il nome Chianti, fra l´altro, è stato negli anni tra i più accesi oggetti di contenzioso tra Italia e Stati Uniti: da una parte gli americani, pronti a battezzare Chianti, con tanto di vitigni ed enologi doc, una produzione made in California, dall´altra il consorzio toscano del "Gallo Nero", sconfitto dai legali della famiglia Gallo (produttori originari di Asti, trapiantati a Sonoma Valley) che rivendicavano la proprietà del marchio. A Bruxelles sottolineano come anche i viticoltori francesi a suo tempo fossero interessati alla denominazione "Tokay". Dopo l´accordo, però, al nome conteso venne affiancato Pinot Gris, che dal 2007 resterà l´unico in etichetta, ma con un passaggio evidentemente più indolore di quello riservato alle nostre bottiglie. Allo stesso modo, da molti anni ormai fuori dallo Champagne è vietatissimo utilizzare perfino il termine Champenois, che indicava il metodo di lavorazione delle bollicine rifermentate in bottiglia. In Friuli, gli addetti ai lavori sono equamente divisi tra sconforto e ottimismo. Se l´assessore regionale all´agricoltura Marsilio annuncia l´intenzione di proseguire la battaglia legale, e il presidente dei consorzi di tutela Gigante chiede «un forte e immediato sostegno alla promozione del nuovo nome da dare al vino friulano», i produttori preferiscono guardare avanti. Molti, i nomi di fantasia già registrati, dal capofila "T Friulano", ideato tre anni fa da Collavini, al "Sovran" di Lorenzon, passando per Zamò, Keber e Di Lenardo, tutti pronti a far vincere il primato della qualità nel bicchiere sul vincolo dell´etichetta.

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